Ciao sono kekkoz, come state? E la famiglia? Ma passiamo subito al dunque: quindici film? Di cui CINQUE film italiani? Quando mi sono accorto di che razza di settimana avessimo davanti, ho pensato subito: qui c’è bisogno di un fuoriclasse, sennò ci lascia le penne.
Così ho affidato questi infausti pregiudizi a un personaggio che ha energia e rabbia da vendere: si chiama Tob Waylan ed è un ragazzo di grande talento e dalle mille risorse. Infatti scrive un po’ dappertutto, dai 400 Calci a Junkiepop, e ha anche un Tumblr e persino un blog di racconti.
Per la cronaca, Tob è sopravvissuto. Sipario.
ALABAMA MONROE – UNA STORIA D’AMORE è una roba belga a cui così, a naso, avrei dato una pecora solo per il poster, il sottotitolo e il fatto che sia girato da uno che non so chi cazzo sia la cui puzza di noia mi ha ricordato i tempi in cui andavo al cinema a caso e ne uscivo con la lista di quello che avrei potuto comprare con i soldi spesi. Poi ho visto il trailer e ho scoperto che Alabama Monroe è film sull’amore e il bluegrass. Fermi tutti. Lei fa i tatuaggi e lui SUONA IL BANJO. Sapete chi altri suona il banjo? Io suono il banjo. Male, però lo suono. È bellissimo, il banjo, ed è bellissimo il bluegrass. Come ci insegna Deliverance: basta un banjo per fare brutto, basta un banjo per fare bello. Insomma bomba, se non per il bluegrass perché è piaciuto più o meno a tutti, ma diciamo più che altro per il bluegrass e l’idea che un film belga che parla di bluegrass è di un bizzarro talmente oltre che si può solo amare, un po’ come quei film finlandesi sul rock ‘n’ roll.
LOVELACE è un film dei noti documentaristi Rob Epstein e Jeffrey Friedman su Linda Lovelace, persona di cui si pensano cose che vanno da “faceva le pompe” a “povera crista” a seconda della cognizione di causa di chi parla. La storia in sé è nota e triste, tocca argomenti piuttosto disgustosi e di certo non racconta di una persona diventata famosa per aver fatto pompe in Gola Profonda. L’idea di volerla raccontare potrebbe pure piacermi ma basta leggerne un po’ in giro per capire che Lovelace non è un film del tutto riuscito e con i soliti problemi di un film biografico superficiale che non racconta abbastanza e si accontenta del materiale più facile da vendere. Parliamoci chiaro: avrei potuto dargli un pensatore, dire che magari il film non merita ma la storia invece sì, ma io un film del genere in cui la storia è raccontata male non lo voglio vedere, manco se gli attori son tutti bravi e la gente li osanna, e poi come minimo è proprio brutto e basta.
PRINCIPESSA MONONOKE lo sapete tutti cos’è, è un altro vecchio (ma non vecchissimo) film di Miyazaki distribuito da quei santi della Lucky Red che un giorno si son svegliati e han detto VAFFANCULO ORA DIAMO TUTTO MIYAZAKI. Grazie Lucky Red. Questo tra l’altro è ridoppiato e corretto, quindi tanto di cappello. L’idea che dei bambini possano andare al cinema e vedere dei film del maestro è stupenda e motivo di lacrime. Io non sono andato a vederlo Miyazaki al cinema quando ero un moccioso, non ho visto Totoro quando ero piccolo, e tra una cosa e l’altra mi sono trovato costretto a vedere Jackie Chan, finendo poi così.
Vorrei dire però una cosa, così litighiamo: se ai vostri amici Miyazaki fa cagare o se i figli dei vostri amici si sono spaventati guardando La città incantata facciamo che non gli correrete dietro con una vanga chiedendo il loro sangue, dai, è del tutto normale che Miazaki non piaccia.
DEVIL’S KNOT – FINO A PROVA CONTRARIA è l’ennesimo film di Atom Egoyan, un regista che fino a prova contraria ha girato mille cose che non hanno mai superato il mediocre. Immagino che sia tutto un problema dell’essere canadesi in un mondo sempre troppo buono con i canadesi, un circolo vizioso per cui se un canadese fa una cagata va bene perché tanto è canadese e che male avrà mai fatto al mondo, questo canadese. Basato su una storia vera, racconta di omicidi probabilmente legati a sette sataniche e quant’altro. La trama sta tutta in quel “probabilmente”, immagino; gli avverbi fanno andare avanti i film meglio di tutti i MacGuffin di Hitchcock messi insieme. In generale mi pare un thriller mediocre e senza particolare interesse nell’arte dell’intrattenimento che però può contare su un cast piuttosto simpatico. Dane DeHaan, Colin Firth, Elias Koteas, Reese Witherspoon, se piace. Diciamo che il pensatore è giustificato dal fatto che guardare un film così al cinema in una settimana in cui tutto costa 3 euro ha più senso che vedere metà della merda che esce questa settimana.
Parliamone, tra l’altro, di questa settimana del cinema in cui escono brutture senza senso e delle settimane dopo, quelle in cui il cinema non festeggia, in cui usciranno Cronenberg, Jarmusch, Rohrwacher e il GODZILLA di Gareth Edwards. Tra tutte le settimane, tra tutti i nomi pazzeschi di questo mese, hanno scelto quella in cui escono le minchiate, le stesse minchiate che probabilmente toglieranno il posto ai film validi ancora in sala, tipo Wes Anderson, per prenderne uno a caso. Le pecore non sono i film, le pecore sono ‘ste merde che gestiscono le distribuzioni. Avete mai fatto caso a quanto caghino le pecore? Ecco, fate due conti.
PARKER fa parte di quei film in cui Jason Statham ha deciso di posare i pugni e mettersi un cappellino in quella tragica caduta che sono la sua carriera e il suo impatto sul mondo. A Jason Statham dobbiamo molto, soprattutto l’averci dato il primo eroe action in canottiera del nuovo millenio, raccogliendo di peso l’eredità lasciata da un Bruce Willis che, nonostante tutto, ancora insegna. Hanno entrambi iniziato a fare action sulla soglia dei trent’anni, hanno entrambi iniziato con dei capelli e hanno entrambi preso parte a una serie di film di discreto successo. Chiaro, Transporter e Crank insieme non fanno, culturalmente, un Die Hard, ma l’azione di Statham in questi film e altre comparsate ha letteralmente salvato il cinema action dallo stato comatoso. Poi sono arrivati i cappellini, i thriller costruiti sulla sua figura di uomo imbattibile e duro in cui, però, l’aura dei personaggi sovrasta ogni concretezza, finendo per essere film in cui Statham concettualmente è un eroe action ma praticamente è una persona stanca persino di preparasi la colazione. Non ci sono più le madeleine dei Transporter. Esistono tuttavia un paio di buoni esempi, tipo Homefront e The Mechanic, in cui i cappellini lasciano spazio anche a un po’ di sane botte o esplosioni. Parker, in ogni caso, è una ciofeca senza alcun senso di esistere. C’è pure Jennifer Lopez, credo indossi un cappellino anche lei.
THE GERMAN DOCTOR è un film argentino di una regista, Lucía Puenzo, che non conosco. Spero non sia grave, a naso mi pare di capire che questo sia il suo primo film distribuito in Italia. Ha senso, è un drammone storico sull’esilio in Argentina di quel nazi di Mendele e ha tutte le carte in regole per far piangere donne di mezza età e vecchiette. In generale sembra sia piaciucchiato, senza esagerare, e sinceramente ne so talmente poco che qualsiasi pregiudizio più motivato sarebbe sensato solo se fossi un esperto di cinema argentino.
LA STIRPE DEL MALE è il tuo solito film horror della settimana girato da due che fino ad ora mi stavano pure simpatici. Con il nome di Radio Silence, Matt Bettinelli-Olpin e Tyler Gillett avevano girato, insieme ad altri due, l’ultimo corto del primo V/H/S, horror antologico valido ma pieno di difetti. Il loro corto era un robetta piccola e un po’ inconcludente ma con degli ottimi spunti visivi, qualcosa su cui eventualmente fare conto nel caso avessero girato un lungo, tipo questo che ancora devo vedere ma che non è piaciuto proprio a nessuno, quindi perché dovrebbe piacere a me. In generale quando si tratta di horror è molto facile andare sul sicuro, le opinioni sulla rete non mancano mai e quando qualcosa è veramente valido potete essere certi che ne sentirete parlare. Qui si parla de l’ennesima gravidanza sospetta, il diavolo, i bambini del demonio, le idee prese dalla differenziata. Dopo Rosemary’s Baby, dopo The Brood, dopo anche solo À l’intérieur o il corto indonesiano di V/H/S/2 (quel capolavoro moderno) immagino ci voglia una certa faccia tosta per proporre l’ennesimo film con gravidanze diaboliche. Immagino anche che i due ci abbiano fatto dei soldi. Buon per loro.
A THE ENGLISH TEACHER mi sento di dare una bomba solo perché il regista Craig Zisk viene dalla TV che più amiamo. È stato il produttore esecutivo delle prime due stagioni di Weeds nonché regista di almeno 18 episodi, è il co-produttore esecutivo di Brooklin Nine-Nine nonché regista diversi episodi e ha lavorato per qualsiasi serie da Alias a Parks & Recreation passando per Scrubs e American Horror Story. Qualsiasi cosa abbia deciso di fare adesso con questo film può contare su una percetuale del mio interesse piuttosta alta. La presenza di Julianne Moore mi aiuta a volerlo vedere, il trailer sembra divertente e la premessa, una professoressa che dovrà confrontarsi con i fallimenti artistici di uno dei suoi ex studenti, sembra contenere anche la giusta dose di drama. Diciamo che tra tutto il brutto che sta per arrivare è bene iniziare a tener conto delle possibili sorprese prima di dimenticarsene. Spero solo esca in abbastanza sale, ché non mi pare sia stato molto pubblicizzato.
RIVOLUZIONE DIGITALE è un documentario sul cinema digitale, e niente più. È molto indulgente e ne racconta solo i pro, lasciando i contro a chi se ne lamenta. La cosa più affascinante è ascoltare le opinioni di registi come Fincher, Lynch o Scorsese ma diciamo che qualche altro punto di vista, magari estremo come quello di Tarantino, sarebbe stato utile al quadro generale. Al cinema non lo andrei mai a vedere, non ha alcun senso, è veramente una roba che sembra uscita da un qualsiasi canale TV, senza alcuna intuizione particolare e montata con il pilota automatico. Se siete interessati all’argomento fateci un pensiero, altrimenti è solo noia. La presenza di quella pompa di James Cameron che invece di parlare della tecnologia digitale parla di come lui ne sia il massimo esperto è un motivo un più per lasciarlo perdere, tra l’altro.
Di DIARIO DI UN MANIACO PERBENE forse se ne sta pure parlando benino, diciamo 6.0 molto vago e generale. Non capisco bene perché: il trailer è orribile e non fa ridere, i temi trattati sono vecchi e usurati mentre leggo recensioni in cui si citano Truffaut e Fellini in un delirio di incompentenza che non so nemmeno da cosa possa essere generato. Insomma abbiamo un protagonista con della voglia malata di scopare e basta, una specie di nostro personalissimo Shame fatto commedia in cui la sostanza è data solo da una premessa del tutto insignificante. Secondo me è una stupidata piaciuta a chi non può fare a meno di giustificare il cinema italiano in quanto tale. Vedremo. Cioè vedrete voi, io non ci penso proprio.
RITUAL – UNA STORIA PSICOMAGICA è una roba psicomagica incredibile del cui trailer non ho capito assolutamente nulla ma sono sicuro che a un certo punto spunta Jodorowsky, perché ovviamente non c’è psicomagia senza il capo degli psicomaghi. Non so nemmeno da dove cominciare, non so dove finire, non so nemmeno come giustificare l’esistenza di un film con “storia psicomagica “del titolo. Vediamo le facce dei registi:
Come potete notare sono persone sorridenti, vestite in modo ironico, forse reduci da un’adolescenza siberiana. Affascina pensare che queste persone abbiamo tirato fuori una roba del genere, affascinante pensare come queste persone abbia pensato alla psicomagia e l’abbiano presa abbastanza sul serio da volerci girare un film. Sono queste forse le conseguenze di due persone cresciute a pane e Jodorowsky? Io capisco se Jodorowsky vuole girare un film sulla psicomagia, l’ha inventata lui, ma il resto del mondo perché dovrebbe. Chiediamocelo. Parliamone. Sorridiamo come due testimoni di geova costretti a stare in piedi perché gli hanno rubato il tavolo per i volantini. Il mondo è bello perché la gente è matta.
MARINA è l’altro film belga della settimana, ma non ci sono né una tatuatrice figa né il bluegrass. Ci sono però dei calabresi immigrati negli anni ’50 che parlano solo in dialetto e diverso razzismo nei loro confronti. L’idea di vedere un film del genere mai mi toccherà ma c’è da dire che forse se n’è parlato benino. Non sto trovando molto in giro e mi sento di dovergli dare il beneficio del dubbio. Non so che altro dire, sono leggermente provato. Forse si meritava una pecora. Anzi, è molto probabile.
AMORE OGGI è una commedia per la TV a episodi che dopo il successo di pubblico è stata montata e portata al cinema e non me ne frega assolutamente un cazzo di niente e nonostante quel paio di attori simpa come Marcoré e Allesandro Tiberi mi sento di dire che non dovrebbe fregare niente a nessuno, fosse solo perché uno dei commenti dice PIENO DI CITAZIONI. C’è persino ROCCO SIFFREDI RAGA. La gotta mi viene. Mi si gonfiano i gomiti. Piango acido urico. Bestemmio al cielo. È pieno di attori inutili che interpretano personaggi inutili esternati direttamente in un trailer che li elenca a suon di stereotipi come se fosse una cosa giusta. Pure la cirrosi mi viene.
SEXY SHOP è una di quelle cose che non ci si crede nemmeno quando le si vede. Il trailer è lunghissimo, sembra interamente girato in una stanza buia, vuole fare il simpaticissimo, è la storia di un commesso di un sexy shop, a un certo punto cantano pure. Incredibile, meraviglioso, guardate quel poster. Fissatelo. Ancora un po’. State lì. Io me ne vado, non ne posso più.
VACANZ… IERI, OGGI E DOMANI mi ha ufficialmente fatto uscire scemo. Vi metto qua sotto il trailer, è incredibile.
E questo è quanto ho da dire:
LE PECORE SIETE VOI.
È finita.
BUONA FESTA DEL CINEMA.
Ciao.