11

Nei cinema dal 9 ottobre 2014

Ciao sono kekkoz e vado al dunque subito: l’autore di questo episodio è Giorgio Blueblanket, amico di Friday Prejudice da tempi non sospetti, penna notevole e noto autore di lenzuoloni. Il suo blog personale (dove parlava anche di cinema) non c’è più, ma ha un Tumblr e potete recuperare qualche suo vecchio post su Inkiostro se non avete niente da fare per i prossimi dieci weekend. Per quanto riguarda il cinema sono raramente d’accordo con lui, ma è tutto un punto a suo favore.

Lascio la parola a lui perché ovviamente Giorgio si è pure scritto il cappello da solo.

maze  regnodinvernoclassenemy

Salve, sono Giorgio Blueblanket, uno talmente prolisso che ho appena raddoppiato il cappello di Kekkoz (così ora Kekkoz gira con due cappelli) (ahrr, che lenza, eh?).
Quelli di voi che leggevano blog nel 2005 hanno appena imprecato e sono andati a versarsi del caffè (molto caffè) per farsi coraggio nella lettura. Quelli che nel 2005 facevano altro – tipo limonare con Serena della terza effe – capiranno presto che non avrebbero dovuto alzare il livello dello scontro nei commenti delle puntate precedenti. Nel caso, vi aspetto, so leggere insulti in quattro lingue e ogni mia replica è lunga quanto questo post.

Mettetevi comodi, prendete qualcosa per tenere il segno se i periodi si fanno troppo contorti (io consiglio di annotarli a matita direttamente sullo schermo del vostro smartphone) e procediamo.

MAZE RUNNER – IL LABIRINTO

Secondo l’elenco che Padron Kekkoz mi ha passato attraverso la grata della cella in cui mi trovo per realizzare questi pregiudizi, il primo film della settimana è Maze Runner – il labirinto. Però secondo l’elenco di film fornito settimanalmente dal calendario uscite di comingsoon.it, il primo film della settimana è Billy Elliot – il musical live (il che significa, vorrei che realizzaste anche voi, che della gente paga per vedere le riprese di un teatro londinese in cui una compagnia di attori poco noti in Italia fa settanta minuti di canzoni ispirati alla storia di un ragazzino che nella vita voleva ballare). Questo fa sorgere diversi interrogativi: di quale dei due film stiamo veramente parlando? Si è sbagliato Kekkoz (impossibile) o è un errore di comingsoon.it (inverosimile)? Chi è che ha così tanti soldi da dar via, senza nemmeno la soddisfazione di tirare ortaggi se non si è gradito lo spettacolo?
Il trailer comunque non aiuta: “sai dirmi qualcosa di te, chi sei, da dove vieni? Sai dirmi il tuo nome?”, esordisce, e mi dispiace, ma non riesco a non pensare Billy Elliot, Billy Elliot, il mio nome è Billy Elliot e faccio un musical live. L’ho dovuto rivedere tre volte per capire di cosa si parla.
E di cosa si parla? Il film sembra essere il figlio illegittimo e deforme di Hunger Games e The Cube, tenuto in uno sgabuzzino per mesi e appena liberato dai servizi sociali. La storia comunque pare una grande metafora del sesso per adolescenti, e non solo perché è imperniata intorno a una coppia di adolescenti che tra travagliate vicissitudine e un segreto inquietante effettivamente (NO SPOILER, non ho letto la trama, vado a spanne, poi mi direte se avevo ragione) farà sesso.
Insomma, se avete più di tredici anni e volete vedere questo film, la vostra vita potrebbe essere più triste di quanto pensiate. A meno che per lavoro non realizziate effetti speciali. Wes Ball, che dirige, finora – va detto a sua discolpa – ha lavorato realizzando effetti speciali. Questo è il suo primo film, il che è ragionevole pensando che è più giovane di me, ma non sarà l’ultimo, perché il sequel è già in lavorazione.
Il che ci porta all’unico buon motivo per vedere la saga di quelli che corrono nei labirinti: è divertente pensare che per due mesi l’intero cast abbia dovuto correre come una manica di idioti davanti a uno schermo verde, picchiandosi con dei manichini. Non mi sembra comunque un buon motivo, ma fate voi.

IL REGNO D’INVERNO – WINTER SLEEP

Il regno d’inverno – Winter Sleep è un film con un titolo in italiano e uno in inglese, nonostante il titolo originale sia in turco (Kış Uykusu) e non mi è chiaro il processo per cui uno possa diffidare della capacità degli spettatori di riconoscere il film che ha vinto la Palma d’oro all’ultimo festival di Cannes, ma tema che un titolo tutto in un’altra lingua spaventi il pubblico. Il regno d’inverno – Winter Sleep è dunque un film con un titolo in italiano che sembra (il titolo) il secondo episodio della saga di quelli che corrono nei labirinti ballando con Billy Elliot, e un titolo in inglese che è (a) il titolo internazionale del film e (b) la traduzione letterale del titolo originale in turco, che significa sonno invernale, ibernazione, letargo. Si poteva chiamare un film Letargo? No, pare di no, non sia mai, meglio chiamarlo Il regno d’inverno – Winter Sleep. I miei sali, dove sono i miei sali.
Dicevamo: Il regno d’inverno – Winter Sleep è il nuovo film di Nuri Bilge Ceylan, regista tra gli altri di Uzak e C’era una volta in Anatolia. A guardare il trailer si rischia moltissimo l’effetto anello del conte, ma per come la vedo io i silenzi, i tempi lunghissimi e la fotografia depongono a favore (ma uno potrebbe ugualmente decidere di non vederlo per le stesse ragioni. Chi sono io per impedirvi di non vedere del Bel Cinema perché vi sembra noioso?) anche a prescindere dai lavori precedenti e dai riconoscimenti ricevuti.
Vi ricordate i bei tempi della Corea? E “Norvegia nuova Corea”? Beh, Anatolia nuova Norvegia.

CLASS ENEMY

Class Enemy è un film di Rok Bicek. Rok Bicek, ripetete con me. Rok Bicek. Ora sentitevi in colpa perché ridete di come suona un nome in un’altra lingua, domandandovi se vi offenderebbe uno sloveno che ride per il vostro cognome pieno di vocali. Rok Bicek. Ahahah. Ehm.
Nemico di classe, comunque, è, a giudicare dal trailer, un film che parla di ggiovani, malessere, male-di-vivere, conflitti generazionali, professori antipatici. Nonostante io mi stia sforzando di banalizzarlo, cioè, è un film che sembra comunque provarci con convinzione, mettendo dentro una serie di temi difficili e trattandoli in maniera quantomeno problematica. Gli approcci possibili per decidere se volete o non volete vedere questo film sono due: lèggere delle opinioni online (ad esempio questa, in doppia versione con e senza spoiler), oppure l’articolo di repubblica.it che si intitola “quando a scuola il nemico è il prof”. No, non ve lo linko, sto conducendo da un po’ una battaglia per riequilibrare il loro uso forsennato dei clickbait imponendomi di non aprire nessuna pagina per cui mi incazzerei soltanto. Piuttosto: Rok Bicek.

amoreodiocurry  tuttomolto

AMOREODIO

È un film che ha “letteralmente” scosso il pubblico, dice Il Tempo, e Ted Mosby farebbe notare che con ciò si intende senz’altro (beh, quantomeno probabilmente) che questo film ha metaforicamente scosso il pubblico.
Intanto, il trailer: film da deridere della settimana senza se e senza ma (Tutto molto bello, di cui parleremo a breve, è di un’altra categoria). Gli attori, come mi fa notare la donna che mi sopporta, hanno circa 46 anni. La storia sembra essere quella di una ragazza problematica e il suo fidanzato che OMMIODDIO ERIKA E OMAR OMMIODDIO VEDO DAVANTI A ME IL FANTASMA DEI NATALI PASSATI, VEDO IL PLASTICO DI VESPA, LA FRANZONI, PAOLO CREPET, PRECIPITO, AIUTO, AIUTO, aiu…
Rieccomi, scusate. Va-tutto-bene, ripetete con me. Gli anni novanta sono finiti. Il pubblico di Vespa ha oggi sessant’anni di media. Va tutto bene. Torniamo al film.
Il buon Cristian Scardigno, regista e sceneggiatore qui alla sua opera prima, ha detto (parafraso, alla mia età ricordarsi le interviste è una fatica…) che ha fatto un lungo lavoro sugli stati d’animo e il contesto dei protagonisti della triste vicenda. A questo proposito, nel trailer il giovane protagonista, combattuto tra l’ammore malato e la paura, tira un calcio ad una lavatrice. Spero che l’Assosecco (Associazione Italiana Puliture a Secco Tintorie) si faccia sentire, bisogna avere il coraggio di dire basta a questa spettacolarizzazione della violenza.

AMORE CUCINA E CURRY

Amore, cucina e curry è tratto da un bestseller internazionale (anzi: DAL bestseller internazionale, ricorda il trailer, qualunque sia questo bestseller) e prodotto da Steven Spielberg e Oprah Winfrey. Esso è inoltre il film con cui Lasse Hallström rinnega la parentesi thriller del precedente L’ipnotista (non credete che l’abbia visto, ho una vita, anche se a sprazzi) per tornare nei territori a lui più familiari: le commedie brillanti, il cibo legato ad amore e sesso, gli stranieri scalcinati e/o misteriosi e comunque esotici, potendo gli animali.
Qui ne abbiamo due su tre, visto che si tratta di una commedia col cibo e gli stranieri (scalcinatissimi, va detto). Peccato per gli animali, scommetto che se il cuoco fosse stato una mucca il film (tratto in quel caso dal bestseller internazionale Amore, cucina, curry e bovini) avrebbe raggiunto un pubblico più trasversale.

Attraverso una storia d’amore multiculturale, il film – yawn. Scusate, eh, non credo che sia brutto (io poi li vedo tutti, i film in cui cucinano, perché mi piace vedere il cibo) (giuro). È che mi sembra un tantino già sentito.
Butto lì, magari, un’idea per un film analogo, ma più originale, che chiameremo Amoreodio, cucina, curry e bovini: Abed, figlio primogenito di una famiglia indiana emigrata in Francia, si innamora della bella Erika, figlia di una mucca che è anche una cuoca di talento, ma con cui ha un rapporto conflittuale a causa delle numerose divergenze caratteriali. Erika plagerà Abed fino a renderlo complice dell’omicidio di sua madre per mezzo di un piatto di curry avvelenato. Steven, se vuoi comprare i diritti del soggetto, basta lasciare un commento.

TUTTO MOLTO BELLO

Ho davanti a me la pagina delle anteprime di comingsoon.it e la scheda del film recita: Regia, Paolo Ruffini. Hahahaha. Fa già troppo ridere. Regia. Paolo Ruffini. Meglio di Rok Bicek. Ahahah.
Voglio supporre che quelli che recitano in questo film siano tutti comici famosissimi; io purtroppo mi sono trasferito anni fa su Marte in un bilocale a fitto bloccato e non prendo Mediaset, quindi non conosco nessuno di costoro a parte ovviamente Paolo Ruffini, il povero Biascica (non bravissimo a scegliere i film in cui comparire) e Chiara Francini (di cui non ignoro i pregi: la laurea in filosofia e Chiara Francini tette nuda, chissà se funziona ancora per ottenere quindici visite in più, se funziona tra un mese repubblica.it sarà tutto un florilegio di Chiara Francini tette nuda). Non posso dunque apprezzare i numerosi tormentoni che, ne sono certo, sono stati abilmente intarsiati alla narrazione ad impreziosire questo già pregevole parto della mente umana.
Posso apprezzare però come durante il trailer Chiara Francini dica Mi si è aperto il parto, cretinooo – “mi si è aperto il parto”, forse è doppiato anche questo, ho pensato, forse l’hanno doppiato mentre guardavano Billy Elliot, il musical live.
“Per una battuta di merda così è giusto che tu muoia”, dicono ancora nel trailer, in un buffo caso di dichiarazione d’intenti che va contro il contesto in cui viene pronunciata. Il trailer assomiglia così tanto a Natale al cesso che quando a un certo punto c’è una gag col tipo che parla in finto arabo (una roba molto peggio di Rok Bicek) sembra il male minore. Ma non è solo questo: l’ho visto tre volte e ancora non mi è minimamente chiaro di cosa parli il film.
Tra gli sceneggiatori Guido Chiesa (Quo vadis baby, Lavorare con lentezza, Il partigiano Johnny) e Marco Pettenello, più volte autore per Mazzacurati, che non riesco a non pensare siano stati chiamati due ore prima dell’inizio delle riprese per tentare di dare un senso al, diciamo, materiale grezzo ideato dai buoni Paolo Ruffini e Giovanni Bognetti.

duevoltiequalizeriostocon

I DUE VOLTI DI GENNAIO

Boh. È uno di quei film per cui i giornalisti parlano di “thriller raffinato”, ma tradizionalmente questa roba che mescola la struttura del thriller (una costruzione usualmente iper-razionale, il cui scopo principale è far dire allo spettatore waaah) a dinamiche emotive da soap opera (normalmente triangoli amorosi come se piovesse), con l’obiettivo complessivo di tentare di risultare hitchcockiani (di solito con scarsissimi risultati) mi fa cagare.
Il produttore è, ci informa il trailer, quello de La talpa, la storia è di Patricia Highsmith, autrice, ci informa il trailer, de Il talento di mr Ripley. Io, Il talento di mr Ripley (il film), l’ho visto a metà, facendo zapping. Mi ha fatto cagare. Per quanto ho potuto capire, anche il talento di mr Ripley (il fatto cioè di essere un Gatsby dei poveri, ma inserito in uno di questi soap thriller) mi fa cagare.
Anche questo film ha un talento: ha due volti. Uno, così su due piedi, mi fa cagare. Sull’altro non mi pronuncio, non so se si capisce ma sono leggermente prevenuto verso il genere. Le talpe comunque, ci tenevo dirlo, mi stanno invece molto simpatiche. Se l’altro volto di gennaio fosse quello di una talpa, potrei raccomandare caldamente la visione di questo film. Fatemi sapere.

THE EQUALIZER – IL VENDICATORE

The Equalizer è un film a cui un titolo italiano avrebbe probabilmente giovato. Io, perlomeno, un film che si chiama Il pareggiatore lo andrei a vedere a scatola chiusa, sperando si tratti di un film con Toni Servillo che da anni si ostina a giocare la stessa schedina con tredici x nella speranza di vincere una somma di denaro che gli permetterebbe di riscattare la sua triste esistenza fatta di silenzi e di brevi monologhi dimessi.
The Equalizer è invece un film che parla di un hitman in pensione che si ricicla finendo a lavorare come commesso in un ferramenta (dove sennò), dove però eventi tragici (degli innocenti costretti a subire de’ sopprusi, come direbbe il Manzoni) lo costringono a tornare alla sua vita di un tempo. Questo mi ricorda una storia molto bella su un umarell un tempo serial killer, costretto ad uccidere degli operai che stavano costruendo a suo dire male un muro portante – ma forse non è il momento di raccontarla.
Il trailer fa una bellissima mise en abyme dandoci uno spiegone con annesso (probabile) spoiler, col contorno dell’enfasi che caratterizza il doppiaggio italiano, che a voi sembrerà normale ma a me, dopo tutti questi mesi su Marte (la tv marziana manda solo roba in lingua originale), fa un po’ strano. Antoine Fuqua non ha imbroccato un film dopo Training Day (non è solo un parere mio, Metacritic mi dà pienamente ragione), però questo ha una fotografia non male e secondo me si avvicina tantissimo all’idea che un romanziere russo avrebbe di un film con Sylvester Stallone (che qui non c’è, è per far capire il genere. Ma che volete capire, voi). Colpa, redenzione, ineluttabilità e un sacco di mazzate. Inoltre il prossimo film a cui Fuqua sta lavorando è tratto da un libro che si intitola The Short and Tragic Life of Robert Peace: A Brilliant Young Man Who Left Newark for the Ivy League, che è un titolo bellissimo. Pensatore, e non ne parliamo più.

IO STO CON LA SPOSA

Metto subito le mani avanti, confessando un vaghissimo conflitto di interessi perché una mia conoscente, amica del resto del padrone di casa, ha un ruolo attivo nella realizzazione di questo film.
Ma a parte ciò, si tratta di una coproduzione italo-palestinese diretta da tre persone, tra cui Gabriele Del Grande (gli altri due sono Antonio Augugliaro e Khaled Soliman Al Nassiry), e se sapete chi è non c’è bisogno che io dica nulla perché decidiate di andarlo a vedere. Se invece non sapete chi è (un giornalista che si occupa principalmente , attraverso il sito Fortress Europe, di approdi di migranti in Italia, seguendone i problemi – a volte i drammi – e denunciandone le condizioni), è possibile che il genere non vi piaccia, che l’argomento non vi interessi, che l’approccio vi sembri terzomondista. Tant’è, a me non me ne frega niente: Io sto con la sposa, come si può dedurre dal trailer, è un lavoro fatto come dio comanda, al confine tra fiction e documentario, in più lingue, che racconta il viaggio da Lampedusa a Stoccolma di cinque siriani e palestinesi, mascherato da viaggio di nozze, per scappare dalla guerra. Il film, inoltre, è stato realizzato attraverso un crowdfunding su Indiegogo, e promosso con un sito molto bello e con un uso intelligente del marketing virale. A me bastava la storia, ma così la bomba mi sembra inevitabile.