Ciao, sono ancora kekkoz. Vi siete abituati all’idea? Buon per voi! Ora sedetevi comodi: se eravate tra i fortunati bazzicatori di blog di cinema diciamo tra il 2004 e il 2008 vi verrà un coccolone.
Ecco, vi annuncio con orgoglio e un po’ di commozione che l’autore dei pregiudizi questa settimana è proprio quel bellimbusto del signor ohdaesu, autore del mai dimenticato Insegna Provvisoria, cuore pulsante dei cineblog dei bei tempi, che non posso manco linkarvi perché non esiste da anni.
Vi lascio a lui, ci rivediamo nei commenti.
BARRY, GLORIA E I DISCO WORMS
Alcuni fatti poco noti su Barry, Gloria e i disco Worms:
1) È un film di animazione digitale danese.
2) Il verme Gloria – che in Danimarca aveva la voce di quella milf di Trine Dyrholm – da noi è doppiato da Arisa.
3) Per allettare lo spettatore, il trailer italiano ci mostra a tradimento due brevi scene con Arisa in cabina di doppiaggio che canta e manda baci.
4) Che brutta fine, Trine Dyrholm.
5) Digitando “barry gloria” nella barra di Google, il primo suggerimento che compare è “barry gloria e i dischi worm”.
6) Mostratemi un padre costretto a portare il figlio a vedere Barry, Gloria e i disco Worms, e io vi mostrerò perché non voglio avere figli.
GRAND BUDAPEST HOTEL
C’è gente a cui non piace Wes Anderson, ma che vuol dire; c’è gente che si tocca guardando i video delle brasiliane che si fanno la cacca in testa. Il mondo è bello anche per questo.
In Grand Budapest Hotel non ci sono brasiliane che si fanno la cacca in testa (ma se ci fossero, state sicuri che la cacca cadrebbe sulle teste seguendo una traiettoria perfettamente perpendicolare), ma c’è tutto quello che vi aspettereste da un film di Wes Anderson con uno dei cast più deliziosi mai assemblati. Io GBH l’ho già visto, quindi la mia bomba non sta lì tanto per stare. Ogni volta che penso “Wes Anderson non può essere più wesandersoniano di così”, Wes Anderson diventa ancora più wesandersoniano. Qui siamo all’estremo dell’artificiosità e della stilizzazione, delle inquadrature ortogonali, delle tinte pastello, delle composizioni millimetriche e delle bislaccherie fantasiose e malinconiche. Qualcuno vi dirà che ormai è pura maniera, tutto riga e squadra e niente cuore, ma non vi fidate: anche senza rallenty e canzoni pop che esplodono a tradimento, il cuore c’è ancora, è in formato 4:3 ed è incorniciato dal film forse più puramente divertente che Anderson abbia mai girato. Non vi basta? Aggiungo: c’è una delle DUE migliori interpretazioni della carriera di Ralph Fiennes. Non vi basta? C’è Léa Seydoux vestita da camerierina francese. Non vi basta? Restate pure a guardare i vostri video con le brasiliane e amici come prima.
UN MATRIMONIO DA FAVOLA
È il film in cui Carlo Vanzina prende la solita sceneggiatura di tutti i cinepanettoni della storia umana e sostituisce Boldi, De Sica e Biagio Izzo con Solfrizzi, Adriano Giannini e Giorgio Pasotti nel tentativo di nobilitarsi e cavalcare l’onda dello sdoganamento vanziniano, un’onda che grazie al cielo si è infranta già da diversi anni contro gli scogli dell’evidenza oggettiva, solo che Vanzina non se n’è accorto. Sia come sia, ci sono scoregge froci cornuti e puttane.
Mi sono anche guardato il trailer, e quando ho visto Stefania Rocca che imita Tina Fey ho giurato a me stesso che non avrei scritto un pregiudizio più lungo di così.
MISTER MORGAN
Michael Caine è vecchio e depresso ma un giorno conosce la giovane e vitale Clémence Poésy e questo incontro non solo restituirà a lui la voglia di vivere ma permetterà anche a lei di capire tante cose sulla vita, nella fattispecie che la vita è (a) brutta ma anche bella, (b) ingiusta ma anche giusta e (c) dolce ma anche il contrario di dolce. Pomodorometro decisamente fiacco, e la regista è la stessa di quel film con Castellitto che faceva il cuoco. Io una roba del genere non la toccherei nemmeno con la canna da pesca, quindi pecora nera immediata, A MENO CHE voi non siate due zitelle ultrasessantenni medio-bene con la casa piena di libri Feltrinelli e cataloghi di vecchie mostre a Palazzo Reale e tanti pomeriggi liberi per andare al cinema a commentare i film a voce alta, nel qual caso il film è una bomba, perché c’è quell’attore inglese tanto bravo che ora certo ha la sua età ma da giovane era biondo e sempre vestito bene.
NESSUNO MI PETTINA BENE COME IL VENTO
Ah sì? Vediamo se due belle manate secche sulla nuca danno uno scossone alla classifica.
Siamo nel 2014, e Peter Del Monte è stato rilevante tipo, fammi pensare, MAI?
In confronto al trailer di Nessuno mi pettina bene come il vento, quel finto film italiano ombelicale e mortifero che Moretti andava a vedere al cinema in Caro Diario sembra Moulin Rouge. Mi sono sottoposto a prelievi del sangue più rivitalizzanti di questo trailer, e qui l’infermiera è Laura Morante che si mangia tutte le parole.
Un fatto divertente su questo film: si intitola Nessuno mi pettina bene come il vento.
(«È un verso di Alda Merini, ignorante! Era meglio Kekkoz!»)
Accomodatevi.
NOAH
Ho già visto anche Noah, e sapete una cosa? È tutto quello che vi aspettate da un film in cui il regista di L’albero della vita decide di applicarsi alla Bibbia e alla creazione-distruzione-rinascita dell’umanità intiera. È pacchiano, magniloquente, sprezzante del ridicolo, serissimo e pieno di CGI di pessimo gusto? Certo che sì. Aronofsky con queste cose ci va a nozze, e stavolta punta più in alto e più in grande che può, confezionando una ROBA indigeribile che è per metà un polpettone biblico integralista, intransigente e convintissimo, e per metà un incredibile blockbuster catastrofico-fantasy con un diluvio universale che arriva dritto da Emmerich e una schiera di giganti di pietra (giuro) che stranirebbero Tolkien. Noah verrà spernacchiato un po’ in tutto il mondo, ma lo sa benissimo e non se ne cura: e io, pur avendo esclamato MA NO! ed essendomi tenuto la testa tra le mani per lunghi minuti, non me la sento di sconsigliarlo. È un ibridone tutto sbilanciato, ma gronda furore e passione e sprezzo, e c’è una parte di me che se l’è goduto molto, anche se tuttora non riesco a capire come né perché. A vostra discrezione, quindi; ma sarà difficile che quest’anno vi capiti di vedere un altro film come questo, nel bene e nel male e nel malissimo.
OCULUS
È un horror con Karen Gillan. Il film è uscito di recente e ha ottenuto consensi dignitosissimi – per il momento il Pomodorometro è addirittura al 93%, seppur sulla base di sole quattordici recensioni – e la protagonista è Karen Gillan TVTB. Si parla di specchi misteriosi, case misteriose, spaventi, non ho ben capito, ho smesso di leggere la trama a “Karen Gillan” e mi fido dei pareri positivi che si sentono in giro, ma soprattutto mi fido di Karen Gillan. Un diavoletto sulla spalla mi suggerisce di ricordarmi di tutte le volte che, negli ultimi anni, un horror indipendente “amato dalla critica” si è rivelato una mezza ciofeca: vero. D’altro canto, in quante di quelle mezze ciofeche c’era Karen Gillan? In nessuna. In questa c’è Karen Gillan? Sì! E la gente ne parla da bene a molto bene. Per cui a voi lettori dico: se questa settimana potete vedere un solo film, che sia Grand Budapest Hotel. Se potete vederne due, che siano Grand Budapest Hotel e Noah, tanto io la settimana prossima non sarò più su queste pagine a beccarmi i vostri insulti. Ma se potete vedere tre film, o se KAREN GILLAN, allora Oculus, virgola, Karen Gillan, punto. A Karen Gillan, che è un’amica e salutiamo, vorrei dire che se vuole fare dei bambini insieme a me poi giuro che li porto pure a vedere i disco Worms.
PICCOLA PATRIA
Il Veneto, due ragazze, il disagio di provincia. Primo lungometraggio di finzione di Alessandro Rossetto, documentarista non trascurabile, che qui sceglie di far parlare i suoi personaggi in veneto stretto e contestualizza la vicenda inserendo spezzoni di autentici comizi di Indipendenza Veneta e altre amenità. C’è di mezzo anche un immigrato albanese per cui si scoprirà che – SPOILER – integrarsi in Veneto non è per niente facile.
Io non sono in Italia e se anche fossi in Italia non sarei in Veneto, ma questo mix di fiction e documentario mi sembra interessante e potrebbe (potrebbe) evitare che tutto si risolva in un elzeviro del Fatto Quotidiano. Mi saprete dire. Qui il trailer.
CORIOLANUS
Coriolanus è uscito al cinema per un giorno solo, e quel giorno era ieri. AH AH. Peccato che non ci siate andati: era un bell’esempio di teatro filmato – il National Theatre, per la precisione – con Tom “OMG” Hiddleston a torso nudo tutto sporco di sangue e declamante virili proclami con quella voce che attira imeni di ragazzine come falene sulla lanterna. Una fanfiction in pentametri giambici, insomma. C’era anche Mark Gatiss nel ruolo di Menenio Agrippa. Il mio parere sul senso di queste operazioni di teatro al cinema è espresso dal pensatore – in ogni caso era solo ieri, e ve lo siete persi.