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Nei cinema dal 3 luglio 2014

Ciao sono kekkoz e non ho un buffo aneddoto personale sull’autore dei pregiudizi di questa settimana, perché in realtà non ci siamo mai incontrati, non so nemmeno il suo nome. Per quanto mi riguarda si chiama veramente “Pènzo Piano” e ha la faccia più sconvolta possibile di Tom Hardy tutto l’anno.

Sono onorato di presentarvelo: si fa chiamare Il GeeGee e se non lo seguite su Twitter siete mattissimi, perché è uno dei migliori di tutti. “Mi dica, avrebbe mai immaginato che potesse massacrare tutti quegli innocenti?” “No, era così simpatico e aveva un Twitter taaanto divertente”.

INSIEME PER FORZA

Dio solo sa quanto il mio più grande desiderio sia quello di poter parlare di Drew Barrymore da viva, ma francamente non mi ricordo più l’ultima volta in cui lo è stata.
Quando ho visto il trailer di ‘sta zozzeria al cine, ho provato quella fortissima sensazione che non so come chiamare se non imbarazzo conto terzi (pensavo più o meno di aver quasi inventato io il termine, poi i milioni di occorrenze che son spuntate fuori su google mi hanno instillato qualche dubbio). (adesso dovrei, in una botta di originalità, citare la netta superiorità della lingua tedesca dicendo che loro sì che sono un paese migliore perché hanno una parola unica per definire il concetto che invece a noi richiede l’uso di ben tre diversi distinti termini, dev’essere per quello che la nostra competitività ne risente così tanto: ci balocchiamo perdendo tempo a pronunciare tre parole al posto di una. Comunque quella parola è: fremdschämen).
Ma dicevo: ho provato quell’imbarazzo forte che riescono a suscitarmi solo cose tipo la visione della cerimonia di premiazione dei David di Donatello, o il venire a sapere che un lontano parente un tempo così garbato è stato sorpreso a taccheggiare delle lampadine a basso consumo al supermercato. Per cui direi che non perdiamo manco tempo a vedere chi sia il regista, il resto del cast (caro Ben, tu vivo non lo sei stato proprio mai) e facciamo PECORA.

THE BEST MAN HOLIDAY

Malcom D. Lee, acclamato regista di Scary Movie V, dopo ben 15 anni dal mai dimenticato The Best Man, ci regala ora una pellicola crossmediale che si colloca proprio all’incrocio di due filoni. L’autore unisce infatti coraggiosamente, come nessuno prima, due generi solo apparentemente incompatibili: quello dei film su festività che escono in periodi dell’anno con cui non hanno nulla a che fare (la pellicola è ambientata durante le vacanze di Natale), e quello degli inutili sequel di film già brutti, riuscendo in questo modo (efficacemente) nell’intento di scontentare tutti: quelli che gradirebbero vedere un film sul martedì grasso, diciamo, entro la prima quindicina di febbraio, e quelli che non disdegnano vedere film belli.
Se invece siete preda di un’inconfessabile passione per film su Yom Kippur  che escono nei giorni di Channukah, o fareste la coda ad agosto pur di vedere un film che tratti lo scottante tema dei giorni della merla, allora probabilmente è il film che fa per voi.

BABY SITTING

Eccoci ora davanti ad un bell’esemplare di quel filone sempre più raro di film francesi che non sbandierano una qualche anche solo vaga e pretestuosa parentela con altri film francesi più noti e di maggior successo. Secondo me andando a sfrucugliare fra i nomi di qualche addetto al catering o al trucco, un bel legame lo si poteva pure far saltare fuori. Cari distributori francesi, questa volta vi siete persi l’opportunità di strillare in locandina: “dalla stessa segretaria di produzione di Quasi Amici”, “dallo stesso trovarobe di The Artist”. Bello sbaglio. Gran bello sbaglio. ENORME.
Nonostante il film abbia destato comunque un certo interesse al festival de l’Alpe d’Huez, portandosi a casa ben due non meglio definiti premi (qualunque cosa questa frase voglia dire), temo possa oscillare fra la solita manfrina del marmocchio molesto e fastidioso e dello scapestrato scapolo impenitente che si incontrano e si educano vicendevolmente, trovando un reciproco riscatto dalle loro vite destinate altrimenti alla solitudine e all’abominio, e la riproposizione stanca dell’ennesima serata di addio al celibato.

RIO 2096 – UNA STORIA D’AMORE E FURIA

Se un film da lontano ti può sembrare Rio-quello-coi-pappagalli-e-altri-fastidiosi-volatili, e man mano ti avvicini assomiglia sempre di più a un incrocio fra Cloud Atlas e un editoriale di Norma Rangeri, allora diciamo che i presupposti per una pecora ci sono tutti.
Il lungometraggio dovrebbe rappresentare, in un anno di così alta visibilità del Brasile, una lodevole occasione per mostrare le meraviglie del paese ma soprattutto le sue enormi ingiustizie e contraddizioni.
L’animazione, che pare un po’ scialba, e la trama, forse proprio per colpa delle eccessive aspirazioni di denuncia, non credo mi spingeranno mai a vederlo al cine.

JASON BECKER – ANCORA VIVO

Questo film parla della storia struggente e potente di Jason Becker, chitarrista heavy metal che fin da giovanissimo mostra un enorme talento nella chitarra, ma a cui a diciannove anni viene diagnosticata una forma di sclerosi laterale amiotrofica, che lo costringerà alla paralisi totale. Jason però non si arrende e continua a fare musica.
Dietro una storia del genere io temo sempre che possa fare capolino la sola cosa che, al cinema, mi spaventa più dei titolisti italiani: il pietismo.
I giudizi in giro farebbero sperare il contrario, e il trailer mi sembra prometta la giusta dose di RUOOCK! e robe tamarre. Vabbé diciamo che io me lo vedo, e poi nella landa desolata delle uscite che mi è toccata in sorte mi sa che è meglio che non faccia troppo lo schizzinoso con le bombe e ne approfitti.

COME FARE SOLDI VENDENDO DROGA

Quando ho sentito parlare di questo film per la prima volta, non ho potuto reprimere la visione di Laura Boldrini, Roberto Saviano e Francesco Facchinetti (su, diciamocelo, lui è un po’ il 50 Cent italiano) che parlano per due ore guardando in camera con sguardo dolente per convincermi che DROGA NO, DROGA BRUTTO, DROGA NON SI FA. Oppure che ne parlano genuinamente entusiasti ma poi muoiono fra atroci sofferenze proprio quando avevano trovato infine la loro possibilità di redenzione.
I giudizi in giro sembrerebbero deviare più verso l’entusiasmo, ma se non ne approfitto ora, quando mi ricapita di dare della Laura Boldrini a Susan Sarandon? Ecco io l’ho detto, io ne approfitto.
Io comunque ci butterei pure lì una bella polemica del tipo “CSI aiuta i criminali ad ammazzare meglio le persone perché gli ha insegnato come non farsi beccare”. Per dire, se mi spieghi per bene come fare 10.000 dollari l’ora puliti puliti, in modo che lo possa rifare a casa, un pensierino io ce lo faccio. Con ‘sta crisi. Buttali via.

LE ORIGINI DEL MALE.

L’horror non è decisamente il mio genere preferito. (Nel caso qualcuno non lo sappia, il mio genere preferito è quello dei documentari o pseudo doc biografici su boyband all’apice del successo i cui elementi saranno di lì a breve costretti alla prostituzione per sopravvivere, girati da svogliati registi che lo fanno solo per poter pagare gli assegni alle cinque mogli precedenti).
Questo per dire che mi è difficile farmi un giudizio a priori su questo genere, nonostante io adori farmi pregiudizi su tutto, perché mi sembra che il fatto di averli mi avvicini di più alla persona risoluta e spietata che in realtà merito di essere.
Facciamo così, quanti “ispirato a fatti realmente accaduti”, quanti “il film che ha terrorizzato l’America”, o “il film più angosciante di tutta la Storia del Cinema dai tempi di Bambola con Valeria Marini” siamo in grado di sopportare in una stagione? Appunto. E poi fra l’altro “questa volta è tutto vero” implica necessariamente che tutte le altre volte ci abbiano preso per il culo; non mi sembra per niente carino.
Per levarci il dubbio potremmo pure dare un’occhiata al trailer, ma senza indugio alcuno preferiamo occupare il tempo in modo molto più proficuo, ad esempio molestando tramite DM la nostra twittstar preferita del momento (@stazzitta ti sono mancato? Sto arrivando).

SURROUNDED

Due sinossi che recitano rispettivamente “Un thriller d’atmosfera in cui i fantasmi stanno nel focolare domestico” e ”  Ventiquattro ore nella vita di una giovane insegnante dopo che il marito, un avvocato, si assenta per un viaggio di lavoro” devo ammettere che una certa suspance nello spettatore la generano pure, ed è quella di scoprire alla fine cosa si celi dietro il nulla che abita le anime dei poracci che suddette sinossi le scrivono.
Direi che qui siamo finalmente arrivati al “film italiano che finge di non esserlo della settimana”. Adesso sono più tranquillo.
Menzione speciale a titolo e locandina. Il primo il suo sporco lavoro lo fa, metti caso che qualcuno scambi il film per l’ennesimo thriller home invasion alla You’re Next. La seconda ha il pregio di voler probabilmente attrarre i numerosi cultori dello Shibari, che come grado di perversione direi sono appena un filino sotto gli amanti dell’home invasion.

MADOKA MAGICA – THE MOVIE: LA STORIA DELLA RIBELLIONE

Ultimamente le sale italiane hanno trovato sempre più spazio per anime giapponesi che non siano necessariamente solo Miyazaki-tipo, anche se spesso rimangono in programmazione intorno ai venti minuti. Io sono un adoratore di anime e manga e  similari, ma francamente di Madoka Magica non avevo mai sentito parlare, non essendo un particolare cultore del genere mahō shōjo. Io ci butto un pensatore, perché quando esce una qualunque animazione giapponese in Italia io sono felice, e perché sono certo che questo posto sia letto da un sacco di adoratrici di Sailor Moon.
Comunque, già che son qui ne approfitto per segnalarvi due degli anime che in assoluto preferisco (ce ne sono tanti ma questi sono i primi che mi sono venuti in mente): FLCL e Kill La Kill. Queste sì che sono BOMBE! Se non li avete ancora visti correte.

PER QUALCHE DOLLARO IN PIÙ

E quando, preso dallo sconforto, mi accingo a concludere la mia prima e con tutta probabilità unica esperienza di supplenza su di un blog altrui avendo calato un’unica e solitaria bomba, ecco giungermi in soccorso Per Qualche Dollaro In Più.
Come tutti saprete, si tratta del remake della celebre pellicola, realizzato dallo stesso regista (e dallo stesso cast) di Aspirante Vedovo, che, dopo lo strabiliante successo di pubblico e critica riscontrato, ha finalmente aperto la strada al rifacimento dei più grandi classici del cinema, che ormai sono vecchi e puzzano e chi ha più voglia di vederseli.
In questo caso la particolarità è che Fabio De Luigi viene doppiato da Filippo Timi e Luciana Littizzetto interpreta efficacemente lo struggente ruolo del poncho del protagonista. Doppiata da Francesco Pannofino.
Ci avete creduto? Certo che a voi proprio non la si può fare, ragione per cui non sto qui a spiegarvi il motivo della bomba.