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Nei cinema dal 26 giugno 2014

Ciao sono kekkoz e se anche voi pensate di vedere un sacco di film, sappiate che c’è sempre qualcuno che ne vede il triplo di voi. Un esempio tipico è l’autore dei pregiudizi di questa settimana: si chiama Gabriele Capolino, è la firma di punta dell’arcinoto Cineblog ed è uno dei migliori critici cinematografici italiani, e non lo dico solo perché l’altra sera mi ha fatto ubriacare e ha offerto lui.

Molti colleghi della sua generazione (per non parlare di quelli della precedente) dovrebbero prendere esempio dalle sue recensioni competenti eppure comprensibili, a volte illuminanti, e dalla sua autentica passione per il cinema. Quando Capolino sarà il numero uno, io potrò dire di avere il DIBS.

QUEL CHE SAPEVA MAISIE: o anche “il primo film del 2012 di questo weekend”, per iniziare a capirci. Ed è il tipico film a cui molti di voi darebbero la pecora a priori, fosse solo perché c’è la patina Sundance che vi fa molto ribrezzo (ma il film ha avuto la sua prima a Toronto, giuro). Insomma, i registi Scott McGehee e David Siegel non sono proprio quelli per cui fare il tifo, e l’adattamento contemporaneo di un classico (in questo caso il film parte da Henry James) non è certo garanzia di qualità. Però ci sono Julianne Moore versione “mamma rocker” e Steve Coogan, e si parla di un divorzio visto ad altezza bimbo. Il Pomodorometro è al 87%, il Metascore è a 74. Io bombo, poi fate vobis.

BIG WEDDING: estate, tempo di surgelati! Qui abbiamo una commedia americana uscita più di un anno fa tipo ovunque, dvd piratati compresi, e che ha fatto schifo a chiunque. Floppone apocalittico (costato 35 milioni di dollari enonsenecapisceilmotivo, ne ha guadagnati negli States manco 22), è il remake di un film francese che non aveva manco fatto impazzire i francesi stessi. C’è di mezzo un matrimonio, ci sono gag sessuali a manetta, un super (?) cast che giustifica in teoria il budget, e un trailer da roteare gli occhi ad ogni stacco di montaggio. Ma manco se non vedevo che il Pomodorometro è al 7% gli davo il beneficio del dubbio.

STORIES WE TELL: o anche “il secondo film del 2012 di questo weekend”. O anche il film del quale meno sapete e meglio è. O anche il film del weekend che vale davvero la pena vedere se non l’avete già visto. Si tratta di un documentario, ma è molto di più. Si tratta del nuovo film di Sarah Polley, a cui vogliamo un bene dell’anima, ed è incentrato sulla sua famiglia. Ma è molto di più. È il ritratto di una generazione, di una città, è un ragionamento sentito sul rapporto tra racconto e fiction, e molto, molto di più. Quando hanno annunciato le nomination agli Oscar e Stories We Tell non era nella cinquina dei documentari mi sono alzato sbattendo le mani sul tavolo e urlando cose simili a “ma voi siete tutti malati”. Però aveva senso che quelli dell’Academy non lo nominassero: questo ufo-ibrido intimo e incatalogabile avrà mandato il cervello dei giurati in pappa, letteralmente. A Venezia 2012, dove il film ha avuto la prima mondiale nelle Giornate degli Autori, qualcuno mi aveva detto che l’aveva trovato troppo melenso: io credo di non aver risposto, ho fatto un sorriso spocchioso e sono andato via, ricordando che non avevo smesso di piangere dal minuto DIECI.

INSTRUCTIONS NOT INCLUDED: “il film in lingua spagnola che ha incassato di più negli States” EVER. Tipo una roba come 45 milioni di dollari. Ne è costati 5. Eh. Poi altrove ne ha racimolati altri 55, così, per gradire. Film messicano fatto per la gioia del vasto pubblico latino che vive negli States, ha una trama che urla “risate e lacrime!” ad ogni frase, con padre che non sapeva di essere padre di una figlioletta che ovviamente adorerà entro la fine del film. Sìsì, lo avete già visto questo film. Molte volte e in modalità diverse. Fosse questo il problema. Il vero problema è che questo è potenzialmente il “film che fa venire l’orticaria” dell’anno. E io non voglio più farmi venir l’orticaria al cinema, o almeno evito quello che potrebbe provocarmela.

THERMAE ROMAE: o anche “il terzo film del 2012 di questo weekend”. E credo che lo abbia visto tutto il mondo, meno il sottoscritto. È dalla presentazione al FEFF di due anni fa che amici e amici di amici non fanno che dirmi “oh ma devi vedere Thermae Romae, fa riderissimo”. Ora, ammetto che non mi sono mai impegnato troppo nel recuperarlo, e nel frattempo ne hanno fatto un sequel, quindi il treno è proprio passato. Nel film, tratto da un manga, ci sono le terme, un salto temporale e tante gag che fanno riderissimo. Ma il motivo per cui gli do la bombazza è un altro: ora ditemi voi quanti film orientali escono nelle nostre sale. Sono lontani i tempi in cui arrivavano nei nostri cinema tutti assieme chenneso Lee Chang-dong, Kim Ki-duk, Takeshi Kitano (perso nei meandri della distribuzione da una decina d’anni circa) e Stephen Chow (pur coi problemi che sapete benissimo). E quindi ogni film del far east che arriva nelle nostre sale, anche se ORRIDO, dev’essere festeggiato con una bomba. Se non lo facciamo noi…

CELEBRITY MOVIE: giuro che innanzitutto questo film esiste. Non chiedetemi perché e soprattutto perché esca in Italia. Le movitazioni sicuramente ci sono e avranno pure un loro “senso”. Si tratta di uno spoof movie con attori truccati che interpretano attori (più) famosi: c’è Charlie Sheen che crede che Justin Bieber sia suo figlio e chiama amici tipo Clooney, Pitt e la Jolie perché lo aiutino a rapirlo. Il regista è Emilio Ferrari, “uno dei produttori indipendenti più impegnati di Hollywood”, ci dice Imdb. Peccato che Imdb ci dica pure che il film è uscito SOLO in Italia a marzo: il testimone non è attendibile! Possiamo dire che questo è “Il film italiano da deridere della settimana – Fuori concorso, Presentazione speciale”, o proprio la nazionalità è regola ferreaferreaferrea? Il cognome del regista dopotutto pare italianissimo: facciamo uno strappo?

LE COSE BELLE: o anche “il quarto film del 2012 di questo weekend” (anche se leggo che forse han rimesso mano al montaggio per la versione che vedremo in sala, ma ambasciator non porta pena). Si tratta di un documentario italiano presentato nelle Giornate degli Autori a Venezia, ha poi vinto come miglior documentario al Taormina Film Fest, e segue quattro ragazzi che crescono nella Napoli del 1999 e sono già adulti nella Napoli di oggi. C’ha il sostegno di Ermanno Olmi, ha vinto riconoscimenti a destra e a manca, ne parlano benissimo… quindi: perché il pensatore? Diciamo che non l’avevo ancora usato, e se ci fosse un pensatore con una bomba in mano lo userei.

CARTA BIANCA: film indipendente diretto da Andrés Arce Maldonado (colombiano e italiano d’adozione) che racconta tre storie che s’intrecciano a Roma. Ispirato a fatti realmente accaduti nel 2010, il film segue un pusher marocchino, una badante moldava e una imprenditrice italiana. Non è il film italiano da deridere della settimana, ma forse manco quello per cui andremo a pagare il biglietto, honestly.

TUTTE LE STORIE DI PIERA: partiamo da un aneddoto personale di cui non è che vada proprio fiero, ma a volte capita di fare cose per cui non si va proprio fieri. Il Torino Film Festival è un evento che adoro e cerco sempre di seguire dal primissimo giorno all’ultimo ogni anno: ma, complice il fatto che devo seguire il concorso e le principali anteprime di richiamo, e poi mi organizzo il resto del programma a seconda dei miei gusti, salto sempre a pie’ pari i documentari italiani (e no, Minervini ormai è americanissimo, non conta). Ho guadagnato righe su righe per dirvi che forse un doc su Piera Degli Esposti non sarà la mia e probabilmente manco la vostra cup of tea: ma francamente la pecora mi par eccessivo. Dopotutto sarà pur sempre più bello e interessante di un Mademoiselle C qualunque, giusto per citare un brutto doc ora in sala.

LA GELOSIA: lo so che starete pensando che Philippe Garrel è ormai bollito, che non fa un buon film dal 2005 e chemmobbasta. Sapete che c’è? Fate male, malissimo. Perché non solo La Gelosia è bello, ma è pure il suo migliore da Les amants réguliers. Come dite? Ti piace vincere facile, se il film precedente era quella robaccia di Un été brûlant? Vabbeh: ma intanto se un regista di un certo calibro e con una certa età mi tira fuori una cosina bellina dopo una pisciatona fuori dal viso, oh io prendo. Bianco e nero, 77 minuti, tono intimo e gentile (anche se si parla di fallimenti e corna ecc.), ed una storia autobiografica in cui Louis Garrel in pratica interpreta suo nonno. Strano che Bertolucci non gli abbia dato un premietto, vista tutta la Nouvelle Vague che aleggia attorno a Garrel e ai suoi film: ma dopotutto non staremo a farci una domanda del genere sulle premiazioni di Venezia 2013, no?

GEBO E L’OMBRA: cosacosacosa? Esce un film di Manoel de Oliveira in sala, nel 2014? Cose d’altri tempi! Il regista portoghese, classe 1908 e ancora in piena attività, parte da una pièce teatrale e firma il suo film “sulla crisi” odierna (siamo alla fine del 1800, ma ci siam capiti). Protagonista è un contabile che vive assieme alla moglie e alla nuora e aspetta il ritorno del figlio, che intanto si è dato alla macchia: quando il ragazzo torna si crea un bel caos. Va da sé che il film è buono, molto teatrale e pittorico eppure davvero molto cinematografico. Ci sono Michael Lonsdale, Claudia Cardinale e Jeanne Moreau. Sì: è una delizia, giurin giurello. Ma dovete un po’ sapere quel che andate a vedere, e voi siete preparatissimi, vero? Ah, scusate: questo è anche “il quinto film del 2012 di questo weekend”.

ADHD: ha solo 25 anni ed è al suo quinto lungometraggio, vi rendete conto? Gira, scrive, “pensa” in modo unico e con una maturità che si mangia mezzo concorso di tutti i festival in cui viene invitato. Ah no, aspe’… Film sull’ADHD (aka sindrome da deficit di attenzione e iperattività) ed ho subito pensato a Mommy e a Xavier Dolan. Ma almeno queste righe vi possono far capire come prendere ‘sti pregiudizi: avete capito cosa penso di Dolan, e potete muovervi di conseguenza. Fatto sta che quando Mommy uscirà a ottobre in sala, tu, oh prossimo pregiudicatore!, gli dovrai dare la bomba, punto. Questo invece si merita il pensatore e non di più solo perché non è Mommy e non è un film di Xavier Dolan.

LA CITTÀ INCANTATA: ma sapete che provo una grandissima responsabilità nel dover scrivere anche solo qualche riga su questo Miyazaki? Non si tratta per forza di cose di un pregiudizio, il film lo abbiamo visto tutti (magari anche più volte), e la mia impressione è sempre quella di trovarsi di fronte a qualcosa di enorme e immenso. Mi fa “paura” scriverne, non so. Troppo importante, troppo bello, troppo tutto. Che poi il film è molto più leggero, divertente, magico di come l’ho descritto finora: però davvero, non so che diamine dire (di più di quello che è già stato detto scritto elaborato analizzato). So solo che questo è uno dei casi in cui non si abusa della parola capolavoro e uno dei casi in cui non ci si deve vergognare a fare i salti di gioia sulla poltrona del cinema. E io non vedo l’ora di andare a fare i salti sulla poltrona del cinema: non lo feci all’epoca, ringrazio quindi per la possibilità. Sarà bellissimo. Attenzione: è in sala solo il 25, il 26 e il 27 giugno (e avrà un nuovo doppiaggio più fedele alla versione originale: staremo a vedere…).