9

Nei cinema dal 23 ottobre 2014

Ciao sono kekkoz e sono fiero di aver ripescato una storica firma dei cineblog: lei si chiama Fedra – e sì, è il suo vero nome – ma i lettori più affezionati di quegli ameni luoghi si ricorderanno di lei come MissVengeance e del suo blog su Splinder che non esiste più. La nota biografica necessaria è che abitava a Roma ma ora abita da un’altra parte. Non ha più un blog di cinema ma ha un bellissimo Tumblr dedicato agli sguardi in macchina e al limite potete beccarla su Letterboxd.

Dopo aver letto i suoi pregiudizi, anche voi le chiederete di scrivere più spesso.

guardiani boyhood judge

GUARDIANI DELLA GALASSIA

A distanza di quelli che sembrano eoni dall’uscita del film in tutto il resto del mondo civilizzato, arriva – o meglio: è già arrivato mercoledì – anche in Italia uno dei film più attesi della stagione. La fregatura è che, grazie all’uscita anticipata di due stupidi giorni, non avrò neanche il gusto di rassicurarvi col tono paternalistico tipico di noi expat: “Tranquilli, amici. Il film l’ho già visto mesi e mesi fa. È una bomba garantita”, perché ormai l’avrete già visto tutti e starete ancora gongolando davanti ai vostri schermi, a caccia della fanart di Groot più carina di tutto Tumblr (inizio io: è questa).

Se invece (come me, d’altronde), avete vissuto fino ad oggi in uno di quei graziosi bunker antiatomici per prepararvi all’arrivo dell’uragano Gonzalo e non sapete di cosa stiamo parlando, la faccio breve: l’ultimo arrivato in casa Marvel, dopo anni passati a indugiare al confine fra il film maturo, la commedia per famiglie (no, non ho ancora digerito gli intermezzi inutili di Kat Dennings in Thor) e il fanservice che però si prende un sacco sul serio (non so nemmeno da dove cominciare, ma ci siamo capiti perfettamente), fa il grande salto e si butta nell’intrattenimento più puro e semplice. Viaggi nello spazio, esplosioni, scene di tortura su una colonna sonora piaciona, retromania, autocitazionismo come se piovesse, Karen Gillan calva (ma non per questo meno bella di quando l’abbiamo vista correre nuda per casa in un film di cui non vi dirò il titolo – screenshot in omaggio al primo che indovina nei commenti), dialoghi brillanti, personaggi indimenticabili e, alla buonora, la prima sceneggiatura per un film della Marvel scritta da una donna. Il risultato è una giostra continua di cui, vi assicuro, è molto difficile continuare a parlare senza spoilerare. Quindi la smetto qui.

Se invece, messi di fronte al trailer, avete pensato, nell’ordine: “Not impressed”, “91% al pomodorometro ormai lo fa anche mia nonna”, “Chris Pratt who?” e “Parks and Recreation, hmmm”, oltre a non capire cosa ci fate da queste parti, dico io, posso solo lasciarvi con le parole del saggio Vin Diesel: Ooga ooga ooga chaka.

BOYHOOD

Ciao, sono il film dell’anno.

No, sul serio. Prendete Richard Linklater, autore della più bella e importante trilogia dedicata a una storia d’amore lunga quasi vent’anni. Uno che non si lascia spaventare dagli impegni a lungo termine, insomma. Prendete un cast commovente, fatto di parenti, amici e collaboratori di vecchia data, un bambino di sei anni che cresce nell’arco di tre ore. Metteteci dodici anni di riprese. In mano a quasi chiunque altro avrebbe potuto trasformarsi in una mattonata di proporzioni epiche, un enorme fail pretenzioso da deridere o difendere a spada tratta per puro gusto di bastiancontrarianesimo. Boyhood non è niente di tutto questo. È una storia delicata, universale nella sua semplicità, la risposta (giusta) agli eccessi del Tree of Life malickiano (che, per capirci, a suo tempo ho difeso a spada tratta, ma che con Boyhood ha a che fare solo concettualmente, per fortuna).

Stavolta posso tirare fuori il mio sorriso rassicurante più riuscito e dirvi, dall’alto della mia esterofilia: “Tranquilli, amici. L’ho già visto mesi fa. È il film dell’anno.”

THE JUDGE

Robert Duvall e Robert Downey Jr. sono rispettivamente un padre giudice e un figlio avvocato che, immagino, prima si odiano e poi si perdonano, in un crescendo di musiche edificanti che ci ricordano quanto è bella e preziosa la famiglia. Si percepisce il mio forte interesse? Spero di sì.

In realtà, la più grossa scoperta fatta grazie a Imdb è che il regista è lo stesso di Due single a nozze e Fred Claus – non esattamente un fine umorista – e che, per tornare alla scoperta, in Due single a nozze c’era anche un imberbe Bradley Cooper (agevoliamo una testimonianza). Dove volevo arrivare? Non lo so. Non me lo ricordo. Sto temporeggiando perché non ho niente da dire su The Judge, la prima prova registica “seria” del Nostro.

Avete presente quando, a una festa, vi presentano una persona e vi lasciano lì da soli a fare conoscenza, ma dopo trenta secondi avete esaurito tutto l’interesse e tutto quello che avevate da dire, cala un silenzio imbarazzante coperto solo dal vociare circostante, e pur di non passare per delle brutte persone cominciate di parlare di cose a caso per una quantità di tempo ragionevole, oltre la quale vi sentite un po’ meno in colpa ad afferrare la prima scusa per fuggire lontano? Poi, un paio d’ore dopo, vi ritrovate davanti la stessa persona e vi presentate di nuovo, facendo la figura dei perfetti coglioni. Ecco, quelli siamo io e The Judge.

soapopera buonianulla

SOAP OPERA

Diciamocelo: è una settimana moscia. Niente film da deridere, niente traduzioni improponibili nei titoli, due bombe garantite con cui è impossibile sbagliare. Mi resta solo Soap Opera per rifarmi, ma il trailer mi ha lasciato in una condizione di profondo disagio tale che non so da dove cominciare. Facciamo che lascio qui una pecora e mi allontano fischiettando? Facciamo così.

BUONI A NULLA

Una cosa che mi manca tanto dei cinema romani sono le vecchiette in sala (ciao mamma, spero che tu non abbia ancora imparato a usare quell’iPad che ti ho regalato per il tuo compleanno così bene da riuscire a leggere ogni stronzata che scrivo in rete, ma nel dubbio sappi che ti voglio bene anche se parli a voce alta durante i film perché stai cercando di ricordarti dove hai già visto quell’attore dalla faccia tanto familiare – in fondo, da qualcuno avrò pur preso). Non ho ancora finito di guardare il trailer di BUONI A NULLA e già mi vedo a Trastevere, seduta sull’autobus che mi porterà al cinema Greenwich di Testaccio, per godermi un’ora e mezza di vecchiette in stereofonia.

“Ma lei l’ha visto Pranzo di Ferragosto? Quant’è caruccio!”
“Lo sa, signora, quello lì non fa mica solo film da ridere. Ha scritto anche Gomorra.”
“Ma pensa, che bravo ragazzo.”

saledellathirdperson

IL SALE DELLA TERRA

Un documentario di Wim Wenders che racconta i viaggi e le esperienze del fotografo Sebastião Salgado e di cui già immagino i poster con le citazioni in capslock prese da riviste di cinema a caso: “A POWERFUL TALE” “A MESMERIZING JOURNEY” “BREATHTAKING” “MOVING” e altri aggettivi abusati che mai nella vita mi hanno fatto pensare: “Accidenti, ma che ci faccio ancora qui? Presto, tassista, spinga il piedino su quell’acceleratore e mi porti al cinema più vicino! Devo correre a farmi mesmerizzare da Wim Wenders!”

Con Wim Wenders ho un rapporto lungo e tormentato che non sto qui a spiegarvi, ma che per fortuna si può riassumere facilmente con un bel pensatore.

Ma tanto a chi importa? Questa settimana escono Boyhood e i Guardiani della Galassia, su.

THIRD PERSON

Ora, io vorrei parlare male di Third Person perché Paul Haggis mi irrita quasi quanto i film che vedono intrecciarsi le storie di più persone che vivono in vari continenti, figuriamoci un film scritto e diretto da Paul Haggis in cui l’arco narrativo si intreccia e si dipana seguendo le storie di una serie di coppie dislocate su diversi continenti. Eppure, quella sfilza di nomi nel cast (andateveli a leggere, se mi metto a elencarli tutti non si finisce più), quella faccia un po’ sporca di Adrien Brody che prende a schiaffi i miei ormoni mentre sale le scale per me così familiari della stazione dei treni di Trastevere facendomi trasalire (ciao ancora, mamma), quell’atmosfera di disastro imminente in cui a tutte queste persone accidentalmente dislocate su più continenti sta per succedere qualcosa di molto triste e angosciante, in qualche modo mi affascina. Non me lo so spiegare, giuro.

Se state ancora leggendo, vi siete meritati un premio: più o meno a metà del trailer si vede molto distintamente il culo di Olivia Wilde.