Ciao sono kekkoz e sono una pasqua, perché l’autore dei pregiudizi non è solo una persona tra le più deliziose che io conosca, ma perché mi ha consegnato il suo episodio in un tempo record, venendo probabilmente meno ai suoi doveri di giornalista e di padre. BRAVO!
Lui si chiama Marco Agustoni, scrive di roba pop per il sito di Sky e per altri, ha tirato su la più bella guida all’Expo che ci sia e come se non bastasse ha scritto anche dei libbri. Benvenuto!
Da quando Kekkoz ha cominciato a subappaltare i suoi Pregiudizi, su queste pagine ha scritto praticamente tutto l’internet, tanto che fino a due giorni fa eravamo rimasti fuori solo io e Maurizio Gasparri. Purtroppo però, a sto giro Maurizio aveva un impegno.
Ma prima di partire, tanto vale smutandarsi. Siccome da giovine ho cominciato ad andare al cinema gratis in cambio di qualche misera recensione, e siccome con gli anni sono riuscito anche ad andare al cinema essendo pagato per farlo, si è diffuso l’equivoco per cui io me ne intenderei di film. In effetti sì, me ne intendo di film, proprio come un tizio che sa cucinare la frittata è uno chef.
Per mia fortuna, ogniqualvolta mi chiedono un parere su una pellicola su cui non avrei niente da dire, riesco a cavarmela dicendo cose a caso in francese tipo misenscène, contreplongée e Truffó. Di solito funziona, ma questa volta preferisco mettere le mani avanti. Bene, chiarito questo punto possiamo cominciare.
PITCH PERFECT 2
Quando distrattamente ho letto per la prima volta che usciva Pitch Perfect 2, tra me e me ho pensato a un sequel diretto di Pitch Black, il primo capitolo della saga di Riddick con Vin Diesel. Potete immaginarvi la mia delusione quando mi sono reso conto che invece era il seguito di un film su delle tizie che cantano. E pazienza se Anna Kendrick, campione di incassi, Jessie J e tutto il resto. Semplicemente non fa per me. Tra l’altro, il primo film invece di chiamarsi Pitch Perfect in Italia era stato distribuito come Voices, dal mio punto di vista un titolo più adatto a un film di angoscia con delle voci che ti chiamano dall’oltretomba. Ora invece hanno cambiato idea, così, tanto per generare un po’ di confusione e far pensare ai distrattoni come me che Riddick è tornato.
SAN ANDREAS
Quando distrattamente ho letto per la prima volta che usciva San Andreas, tra me e me ho pensato che potesse trattarsi di un adattamento cinematografico di Grand Theft Auto: San Andreas. Se a questo aggiungete il fatto che conosco molta gente che scambia regolarmente Dwayne Johnson per Vin Diesel, il cerchio si chiude. Male, ma si chiude. A me Vin Diesel sta simpatico, e siccome alla fine Dwayne Johnson è come Vin Diesel, tranne che non lavora come babysitter, non ho nulla in contrario a un film con The Rock che prende a pugni un terremoto.
LO STRAORDINARIO VAGGIO DI T.S.SPIVET
Ero già pronto a inveire contro i titolisti italiani, che per capitalizzare a distanza di anni il successo de Il favoloso mondo di Amélie piazzavano a tradimento uno “straordinario” nel titolo del nuovo film di Jean-Pierre Jeunet, quando informandomi mi sono reso conto che in francese si chiama L’Extravagant Voyage du jeune et prodigieux T. S. Spivet. Perché Jeunet è così, vive in un mondo in cui il kebab che vendono sotto casa è “sbalorditivo” e la dichiarazione dei redditi è “mirabolante”. La pellicola è tratta da un libro che non ho letto, ma c’è Helena Bona Carter e poi comunque è Jeunet, uno a cui da Delicatessen a Una lunga domenica di passioni io ci ho sempre voluto bene, nonostante Alien. Per cui sì.
THE TRIBE
Mi ero riproposto di non essere prolisso, ma finora non ce l’ho fatta. Per cui invece di dilungarmi su questo film interpretato con il linguaggio dei segni e incentrato su un ragazzo sordomuto che viene rinchiuso in un istituto brutto brutto, prima di dire qualcosa di inopportuno lascerò che sia il trailer a parlare. Ops, troppo tardi. Comunque di quest’opera dell’ucraino Myroslav Slaboshpytskiy – che si chiama così perché quando suo padre è andato a registrarlo all’anagrafe, l’impiegato ha avuto un infarto ed è caduto di faccia sulla tastiera – si dice un gran bene e io mi fido.
IL FASCINO INDISCRETO DELL’AMORE
Il fascino indiscreto eccetera è tratto da un libro autobiografico di Amélie Nothomb, autrice di cui non ho letto neanche un libro perché i fumetti sono più colorati. C’è lei che è nata in Giappone e ci ritorna dopo tanti anni, ma lo ritrova diverso da come se lo ricordava, e cose così. Il titolo francese è molto più figo, Tokyo fiancée, ma io personalmente lo avrei chiamato Il favoloso mondo di Amélie Nothomb.
IL LIBRO DELLA VITA
A me piace il cinema di pupazzi, come lo chiama un mio amico, e piace pure l’immaginario messicano fatto di teschi, sombreri e roba pacchiana e colorata. Solo che girare un film d’animazione messicano ambientato tra i morti mi sembra un po’ come girare un film d’animazione italiano sulla pizza. Insomma sono sicuro che sarà gagliardo e me lo guarderò volentieri, ma potevano essermi un po’ più originali. Produce Guillermo Del Toro, così per dire.
PITZA E DATTERI
Secondo MyMovies Pitza e datteri è “una favola multietnica”, e in quanto tale per me no. Dato che si svolge in Veneto, c’è Giuseppe Battiston. Truffó.
HYBRIS
“Per rispettare le ultime volontà di un loro caro amico, quattro ragazzi, legati da un oscuro passato, trascorrono una notte in una vecchia casa abbandonata”. E, beh, che cosa mai potrà andare storto dopotutto? Potrebbe anche essere meno peggio di quanto si possa pensare, ma io in ogni caso non lo guarderò perché c’ho ancora troppa caga dopo aver visto Babadook. Che altro? C’è Willwoosh e c’è coso che faceva I liceali e ora fa Marco Polo ninja nella serie prodotta da Netflix, che io però NON ho ancora visto perché in Italia NON è possibile abbonarsi a Netflix. Del resto, ceci n’est pas une pipe.
LOUISIANA (THE OTHER SIDE)
Sono totalmente impreparato su Roberto Minervini, nonostante il David di Donatello e tutto il resto, ma così a occhio mi pare un bravo ragazzo. Dal trailer ho capito solo che questo documentario parla di gente della Louisiana che non sta bene, ma di più non saprei dirvi.