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Nei cinema dal 13 novembre 2014

Ciao sono kekkoz e lasciate che vi introduca con fierezza l’autrice dei pregiudizi di questa settimana: si chiama Irene ma molti di voi la conoscono come byronic, è bolognese ma vive a Londra, scrive spesso in inglese ma per Friday Prejudice ha fatto un’eccezione, e di cinema ne sa quasi certamente più di te.

La gag tra me e Irene è che non siamo mai d’accordo ma ne facciamo un punto di stima reciproca, anche perché suppongo che spesso abbia ragione lei. Di certo non mi azzarderei mai a sfidarla.

sciacallo  duegiorni frank

LO SCIACALLO – NIGHTCRAWLER

Sogno un futuro non troppo lontano in cui il concetto di famiglia sia immaginabile in tante versioni: famiglie arcobaleno, multiculturali, multietniche, e poliamorose. Nel boschetto della mia fantasia perversa, Christian Bale in American Psycho e Ryan Gosling in Drive fanno un figlio, lo mandano a scuola da Tom Cruise in Magnolia e gli fanno tagliare i capelli da Javier Bardem in No Country for Old Men. Quel giovane talentuoso è Lou Bloom, ovvero il personaggio di Jake Gyllenhaal in Nightcrawler. Un tenero ragazzo che cresce bene e si mette in cerca di lavoro – e si sa, di ‘sti tempi, come sia difficile trovare persino uno straccio di stage semipagato a contratto – si dimostra intraprendente e si mette in proprio come cine-operatore di crimini violenti a Los Angeles e poi rivende le riprese ai network televisivi. In pratica il futuro di un qualunque laureato in Scienze della Comunicazione ai tempi del Jobs Act. Ora, io il film l’ho già visto e ho la conferma che è una bomba, ma anche a pregiudizi una cosa con su scritto Gyllenhaal si compra a scatola chiusa. Daje.

DUE GIORNI, UNA NOTTE

Anche qui si parla di Crudele Mondo del Lavoro, ma in modo sobrio e serissimo. Dopo un periodo di malattia, Marion Cotillard torna al lavoro e scopre che sarà licenziata, mentre i suoi colleghi riceveranno un bonus di €1,000 per assorbire il suo ruolo. Il capo le dà tempo un weekend per convincerli a cambiare idea e a votare a favore di salvare il suo posto invece che incassare il bonus. Sembra una roba tipo Grande Fratello incontra Monopoli (IMPREVISTO! Sei fregata!), se non fosse che è uno scenario alquanto possibile, quasi probabile, visto l’andazzo generale. I fratelli Dardenne sono i cugini belgi di Ken Loach e Mike Leigh. Ora, io non so come se la passino in Belgio, ma sebbene i film dei Dardenne siano pieni di gente devastata dal peso del realismo sociale, li ho sempre trovati molto più funzionali, anche più leggeri degli equivalenti inglesi. (Sarà che in Belgio non sono afflitti dalla piaga della moquette nel bagno.) Incredibilmente è l’unico dei film recenti dei Dardenne che non ha vinto niente a Cannes ma vince la Palma d’Oro del mio cuore in quanto ottimo film femminista con tutte le credenziali morali a posto. Tutta quella roba lì che c’è scritta sulla locandina – “POTENTE”, “Marion Cotillard è straordinaria”, e “Riempie il cuore” – è vera.

FRANK

Tanti anni fa il compianto (si dice così?) Giorgio Faletti interpretava un personaggio ricorrente in Drive-in che si chiamava Carlino ed era un po’ lo scemo del villaggio. Il suo tormentone era: “sono matto-matto-matto-matto”. Michael Fassbender in Frank interpreta un personaggio ispirato da un noto commediante/musicista del Nord Inghilterra che rispondeva al nome di Frank Sidebottom e ha turbato generazioni di inglesi (assaggino di infanzia nella ridente e per nulla inquietante Inghilterra del Nord, “Panic on the Streets of Timperley“). Frank è un matto-matto-matto-matto musicista di grande talento che fa cose matte-matte-matte-matte e molto sperimentali col suo matto-matto-matto-matto gruppo post-prog e i suoi amici matti-matti-matti-matti. Il film è scritto da Jon Ronson, l’autore di una serie di articoli e libri sui matti di tutti i generi, nonché del film L’uomo che fissa le capre. Frank fissa le pecore, sussurra ai cavalli, compone musica, sempre con una testa gigante di cartapesta addosso. Il paese è piccolo e la gente mormora, chiedendosi: ma perché? Se vi aspettate una cosa tipo The Devil and Daniel Johnston non ci siamo. Però attenzione: la regola di prima è valida, se c’è scritto Gyllenhaal (Maggie) si compra il biglietto.

foresta tretocchi

LA FORESTA DI GHIACCIO

Segreti, sparizioni, misteri nelle nevi alpine con Emir Kusturica. Il trailer sembra un po’ una fiction scandinava con budget ristretto, ma è prodotto da Fandango e magari agli amanti del genere piace. Gioco la carta Beneficio del Dubbio, anche perché vorrei tanto incontrare “Lana, la zoologa esperta di orsi” (potrebbe tornare utile più avanti).

TRE TOCCHI

Amo tanto il cinema italiano che pur di non doverci lavorare sono andata vivere in un paese dove piove sempre e c’è (tanta) gente che ha la moquette in bagno. Potete quindi immaginare con che emozione ho guardato il trailer del nuovo film di Marco Risi, Tre Tocchi. Tanto che prima di guardare il trailer ho optato per questo video scoop della TV regionale della Basilicata che rivela che il film è stato principalmente girato a Potenza (però ambientato a Roma). All’inizio pensavo quindi fosse una cosa contemporanea sulla Basilicata che si rilancia e riscopre centro culturale artistico d’Italia, dove “torna il Cinema con la C maiuscola,” ma invece parla delle aspirazioni di sei (6) Giovani Attori Italiani (ovvero, Settore Spettacolo = ultimo girone dell’Infernale Mondo del Lavoro). Il trailer diventa quasi subito Occhi del cuore, e poi La dolce vita ma filtrato attraverso La grande bellezza, poi Toro scatenato dei poveri, poi qualche roba tipo Iñarritu con un po’ di Almodovar quasi Ozpetek ed è un grande vai con le metafore teatro-come-la-vita/vita-come-il-teatro, uso sparso del tasto F4-basito, uomini che soffrono, uomini che menano le donne, uomini che ballano la morte del cigno manco ci fosse Aronofsky in sala, fa tutto molto Altman, è tutto molto meta- e mi sovviene il momento in cui dissi ai miei: “voglio lavorare in teatro” e mi risposero: “ma studiare medicina no?” Però nei commenti al trailer su YouTube c’è una che ha scritto “vero e toccante”, quindi son fatti vostri. Pecorone ambizioso e nerissimo.

PS. Bella l’intervista a Risi dove dice che uno dei personaggi si ritrova con una ragazza che “non pensava di poter amare”, sai com’è, lei “è una un po’ cicciotta, in carne” e poi LOL ti racconta anche tutto il finale che fa troppo ridere perché LOL spoiler e LOL le ragazze grasse.

lascuola leonedivetro

LA SCUOLA PIÙ BELLA DEL MONDO

Dal regista di Benvenuti al Sud e Benvenuti al Nord (machedavero?), film che non ho visto perché da queste parti gli unici export italiani che arrivano sono The Best of Youth, The Great Beauty e Gomorrah (con l’H), ecco una nuova originalissima commedia che si burla delle differenze tra nord e sud, bambini e adulti. La pagina Facebook del film ha 65,707 like, quindi è molto probabile che farà una baracca di quattrini. Forse volevi cercare: “un film decente da vedere al cinema questa settimana?” Prova altrove. Io, speriamo che me la cavo.

IL LEONE DI VETRO

Il Leone di vetro dev’essere il premio che danno alla Mostra Internazionale del Cinema di Venezia alla locandina che somiglia di più a quella de La Casa degli Spiriti. We have a winner! Scansatevi Barry Lyndon, Buddenbrook, Miserabili: questa non è un’opera da tre soldi, ma un’epica cinematografica da 2 Lire (o, come si dice a Venessia, “due sghei”). Trattasi della storia dell’annessione del Veneto al Regno d’Italia, narrata attraverso le vicende di una famiglia di produttori vinicoli. (Eh, oh.) Parlano tutti con improbabili accenti (inspiegabilmente mi è venuta in mente la celeberrima telenovela piemontese anche se questi sono veneti, quindi consiglio un rapido tutorial di dialetto veneto), la qualità della produzione ha tutta la classe di Elisa di Rivombrosa. Se ho capito bene quindi, Il Leone di vetro : Veneto = Braveheart : Scozia. Un film sovversivo, ma a parità di export dal Veneto preferisco uno spritz.

words clown nanuk

WORDS AND PICTURES

Vi ricordate Fred Schepisi, il regista di Genio per Amore e Roxanne? Quello che è riuscito a prendere il cast di Un pesce di nome Wanda e farci una sottospecie di sequel che non fa ridere? Eccolo che ritorna con un ennesimo tentativo fallimentare di commedia romantica che si rifà al modello della screwball comedy Hollywoodiana. Un cartonato di Clive Owen e un cartonato di Juliette Binoche dibattono l’annosa questione: quando si tratta di rappresentare l’enorme complessità del genere umano sono più efficaci le parole o le immagini? A giudicare dai dialoghi e dalle immagini del trailer il genere umano farebbe meglio a dargliela su. No, grazie.

CLOWN

Se il mondo fosse quel posto di cui vi parlavo prima e la mia dislessia non fosse un problema serio, La foresta di ghiaccio e Clown sarebbero in realtà un unico film in due parti – Pagliaccio di Ghiaccio: La Vera Storia di Metal Carter, diretto da Eli Roth. Sigla.

(True story: quando Kekkoz mi ha mandato la lista dei film per questa settimana avevo scritto appunti che dicevano proprio Pagliaccio di Ghiaccio.)

IL MIO AMICO NANUK

Alaska, forse Groenlandia, forse Antartica. Insomma, ghiaccio dappertutto. (Pagliaccio, non pervenuto.) Un giovane cucciolo d’uomo si ritrova con un cucciolo di orso polare da accudire. Ispirato da una poesia di Kipling e/o Into the Wild, il regazzino s’incarica di riportare l’orsetto alla madre da qualche parte nel pack artico/antartico. Diciamo che questo è il sogno della vita di chiunque (ah no?), e che tra la musica melodrammatica a palla e il tenero orsacchiotto, il fattore sentimentalismo è altissimo. Roger Spottiswoode è il regista del capolavoro immortale Turner e il casinaro (con Tom Hanks e il cane di Tequila & Bonetti), quindi un espertone di storie strappalacrime (ma anche un po’ comiche) con animali, davanti alle quali le mie facoltà critiche crollano. Nel sequel, Lana, zoologa esperta di orsi, ritrova il cadavere del bambino sulle Alpi e recluta Werner Herzog per girare il documentario-thriller. Praticamente innocuo (ma se guardate la cassetta col video dell’orsetto che squarta il bambino, un orsetto esce dallo schermo e vi ammazza).