Ciao sono sempre io, il vostro kekkoz, e questa settimana lasciatemi dire che sono davvero felice di aver affidato i pregiudizi a un ragasso che di cinema ne sa a strapacchi, mica come me o come voi. Oltre a essere una personcina a modo, Federico Pedroni è (tra le mille cose che fa) anche tra i selezionatori di uno dei festival più fighi d’Italia (cioè quello di Torino, voglio dire, mica quello di Trepalle) ed è una firma della storica rivistina Cineforum. L’avreste mai detto che un critico di Cineforum avrebbe scritto un episodio di Friday Prejudice? Nemmeno io. Vedi un po’ il destino cosa ti combina.
Quindi: autorevolezza a manetta, ma anche tanto tanto riderone. Grazie Federico.
UN PICCIONE SEDUTO SU UN RAMO RIFLETTE SULL’ESISTENZA
Premessa: io l’ho già visto, non per niente sono un VeroCriticoSerioso®.
Comunque, Un piccione seduto su un ramo riflette sull’esistenza, per gli amici “Piccione”, ha vinto il Leone d’oro all’ultima Mostra del Cinema di Venezia. Il nuovo film del geniaccio svedese Roy Andersson (avete visto Songs From the Second Floor? E You, the Living? No? Capre!) mette in scena, attraverso trentanove piani sequenza perfettamente fissi, un’umanità desolata e destinata alla sconfitta, fatta di morti sceme e guerre ancor più sceme, di scherzetti di carnevale scadenti e di torture implacabili su uomini e animali. «Acciderba, le risate!», diranno subito i miei piccoli lettori. Ed è qui, cari miei, che vi sbagliate. Perché il film è a suo modo esilarante, scivola via lasciando sulle vostre facce un fisso sorriso ipnotizzato, vagamente somigliante a un rigor mortis. Certo, il patto è che voi vi disponiate positivamente nei confronti della verve galoppante e alcolica dell’umorismo scandinavo; ma io credo in voi, è uno risultato che potete ottenere. Pensate a Kaurismäki e aggiungeteci (ancora) un po’ di delicato cinismo e di depressione euforica. Cinquanta sfumature di ocra, praticamente. Comunque basta che facciate un test: vedetevi questa scena qui. Se alla fine non vedete l’ora di precipitarvi al bar di Lotte a Göteborg a scambiare un bacio per un grappino questo è il vostro film. Se vi siete addormentati in meno di 1’48” forse è il caso di dedicarsi ad altro. Ma vi vedo e vi piango.
IL SETTIMO FIGLIO
Lo stregone di un piccolo villaggetto difende i locali dagli attacchi di streghe, mostri a altre varie creature assortite. Lui è il figlio del settimo figlio, mica cazzi, in barba ai nuovi dettami sui conigli di Papa Francesco. Invecchiando sente di aver bisogno di un erede e lo trova in un giovane contadino che dovrà istruire a combattere i malvagi. Purtroppo devo ammettere di avere con il fantasy lo stesso rapporto che hanno i vampiri con l’aglio, o i celiachi con le fettuccine: vedo una creatura di radici e sbadiglio, occhieggio un drago e mi viene l’herpes, scorgo un talismano e mi ritrovo a immaginare la formazione domenicale del fantacalcio. Tra l’altro esperti amici di fantasy – che nonostante questa inspiegabile passione restano amici fidati – mi dicono che questa roba è una ciofeca senza redenzione, un frullato di idee di scarto e suggestioni da Dungeons & Dragons for dummies. Il regista è il russo Sergej Bodrov, autore di mediocri film di guerra e di pallosissimi film storici sugli irriducibili mongoli. Il suo nome è tatuato nella mia memoria per Il bacio dell’orso, un terrificante film sul circo, unico argomento che mi appassiona meno degli stregoni e dei draghi. Quindi – nonostante ci sia la sacra triade Jeff Bridges/Julianne Moore/Olivia Williams, per la quale affronterei QUASI qualsiasi prova – non vedo l’ora di perdermelo.
MORTDECAI
Mortdecai è il nuovo film di questa settimana con le faccette di Johnny Depp. Il regista è David Koepp (che in una vita parallela ha scritto le sceneggiature di Carlito’s Way, Jurassic Park, Omicidio in diretta e Panic Room, per dire), lo stesso di Secret Window, un brutto horror tratto da un bel racconto di Stephen King in cui c’era Johnny Depp che faceva le faccette horror. Evidentemente la colpa è di Johnny Depp. In Mortdecai, tratto da una serie di romanzi che – dicono – ha avuto un discreto successo in Inghilterra quarant’anni fa, si racconta la storia di Mortdecai (che è Johnny Depp che fa le faccette), un mercante d’arte costretto a barcamenarsi tra russi cattivi, un ispettore inglese (che è Ewan McGregor che fa le faccette), servizi segreti, terroristi internazionali e una moglie bionda (che è Gwyneth Paltrow che fa le faccette), tutti alla ricerca dell’oro dei nazisti. Come dite? Vi sembra di averla già sentita una storia simile? Di averla già vista mille volte? Può darsi, ma in quelle mille volte non c’era Johnny Depp che fa le faccette. E neanche Ewan McGregor. E neanche Gwyneth Paltrow. E sono sicuro che anche Jeff Golblum, che dio lo perdoni, e Paul Bettany fanno le faccette. Un film che è un’interminabile sequenza di faccette. E non vi ho detto la cosa più spassosa: Johnny Depp ha i BAFFI. Da scompisciarsi dal ridere. Piuttosto vado a vedere Il settimo figlio del settimo figlio.
NOI E LA GIULIA
Noi e la Giulia è il nuovo film da regista di Edoardo Leo, uno che negli ultimi tre anni è stato protagonista in solamente dieci film. Me la vedo sempre, la scena in cui un regista e un direttore di casting pensano agli attori da scegliere per una nuova commedia: «E questo a chi lo facciamo fare?» «A Edoardo Leo!» «Ma no, l’ha già fatta questa parte, fatti venire un’altra idea» «Ah, trovato! Ci sarebbe Edoardo Leo» «Non ti sembra una scelta un po’ scontata?» «Hai ragione, allora chiamiamo Edoardo Leo» «Non vorrei che si inflazionasse troppo, però» «Altrimenti ci sarebbe Raoul Bova» «Ok, mi hai convinto. Diamola a Edoardo Leo» (ad lib.) Nonostante tutto a me Edoardo Leo sta simpatico, tanto che quando vedo una delle poche commedie italiane senza Edoardo Leo mi manca e penso che mi sarei divertito di più se ci fosse stato Edoardo Leo. Qui la scelta di Edoardo Leo deve essere stata facile visto che il regista è Edoardo Leo (e ammetto che immaginare la scena di prima con Edoardo Leo che si scrittura da solo, non senza qualche incertezza, mi fa un po’ sorridere). Il film racconta di tre quarantenni in crisi – quello simpatico è Edoardo Leo, quello sfigato è Stefano Fresi, quello belloccio è Raul Bova Luca Argentero – che lasciano la città per aprire un agriturismo. Ma la camorra, celata dietro le fattezze intimidatorie di Carlo Buccirosso, si metterà di traverso. Forse a causa del fatto che già so che, visto che è il protagonista, non sentirò la mancanza di Edoardo Leo, mi scopro assolutamente ben disposto verso il film. Il trailer mi ha strappato tre risate (più del totale delle commedie italiane del biennio 2014-15, con l’eccezione di Smetto quando voglio, con Edoardo Leo) e voglio credere, con tutte le mie forze, che non rimarrò deluso. Quindi ecco un pensatore convinto, interpretato per l’occasione da Edoardo Leo.
THE PYRAMID
Dimenticavo prima che la suprema trinità delle mie idiosincrasie comprende, assieme ai fantasy e ai film sul circo, anche gli horror soprannaturali basati sul finto found footage. Mi ricordo però di un tempo in cui adoravo gli horror, soprattutto quelli soprannaturali, e mi divertiva molto l’idea del found footage. Questo era quando in sala non uscivano ogni settimana millemila horror soprannaturali basati sul found footage. Ora sono più numerosi delle commedie italiane con Edoardo Leo, con l’aggravante che non mi stanno simpatici. In The Pyramid ci sono i soliti archeologi che profanano la solita tomba nascosta nella solita piramide sotterranea e vengono attaccati, presumibilmente, da gatti cannibali, da forze oscure e da qualche incazzoso dio-mummia. A rinvigorire il mio entusiasmo ci pensa anche il pomodorometro che gli assegna un confortante 9% di recensioni positive, tra cui quella di Variety che, come si sa, va letta all’incontrario per coglierne i messaggi satanici. Il produttore è Alexandre Aja, noto per essere il più sopravvalutato tra i registi della nouvelle vague horror francese. Il regista è tal Gregory Lévasseur (nome più adatto a un ristoratore della Camargue con due stelle Michelin che a un regista di horror soprannaturali), noto per essere un amico d’infanzia di Alexandre Aja. Forse scamperanno alle ire del faraone, ma essi non sanno che la mia maledizione è peggio di quella di Tutankhamon.
IL SEGRETO DEL SUO VOLTO
Salve, ben ritrovati. Sono di nuovo io, il VeroCriticoSerioso® e quest’oggi voglio parlarvi di Phoenix il cui titolo, per paura di sconvolgere il tremebondo pubblico delle sale centrali metropolitane (le uniche dove presumibilmente uscirà), è stato tradotto in modo da farlo sembrare quello di una fiction con Vittoria Puccini. Il bello è che anche la trama potrebbe far pensare a una fiction con Vittoria Puccini: siamo in Germania, alla fine della Seconda Guerra Mondiale. Nelly torna nella Berlino distrutta con la faccia sfigurata, che nonostante il tentativo di un chirurgo, non sarà più la stessa. Subito si mette alla ricerca del marito, Johnny, ma quando lui la incontra non la riconosce. Nota però una certa somiglianza che gli fa balenare un’idea: far finta che la “sconosciuta” sia sua moglie, che pensa morta, per reclamarne l’eredità. Tra La donna che visse due volte e il melò popolare alla Matarazzo, Phoenix (scusate, la mia religione mi impedisce di scrivere il suo titolo italiano) rischia il ridicolo ma ne esce alla grande. Un film potente e appassionante, capace di ragionare su realtà e apparenza e di raccontare molte cose sulla Germania che film ben più ostici e pensosi non sanno raccontare. Il regista, Christian Petzold, è forse il più interessante autore tedesco degli ultimi anni (vedi alla voce La scelta di Barbara) e la protagonista, Nina Hoss, è una bomba. Insomma, NON è una fiction con Vittoria Puccini. Se invece era proprio quello ciò che cercavate potete sempre restare a casa a vedervi una fiction con Voi Sapete Chi.
LIFE ITSELF
Life Itself è un documentario biografico sul critico cinematografico Roger Ebert diretto da Steve James. Ebert è stato uno dei più potenti divulgatori della critica americana; ha scritto praticamente tutta la vita sullo stesso giornale, il Chicago Sun-Times, rispondendo picche alla corte di tutte le principali testate del paese; è diventato un popolare personaggio televisivo prima accanto a Gene Siskel e poi accanto a Richard Roeper (si può parlare in televisione di cinema in maniera intelligente? Sì, si può, in una galassia lontana lontana); è stato il primo critico cinematografico a vincere il Pulitzer e ad avere una stella sulla Hollywood Walk of Fame. Insomma, era un grande giornalista, scriveva benissimo e, come se non bastasse, era anche una bella persona. Ebert è morto due anni fa dopo aver combattuto per un decennio con un tumore alla tiroide ma fino alla fine ha continuato a scrivere – il suo sito è un’enciclopedia da leggere e rileggere – con trasporto e passione. Come se non bastasse, Ebert era stimato e amato un po’ da tutti – colleghi e uomini di cinema – e questo mi fa pensare che Life Itself non sia altro che un santino In Memoriam fatto di interviste, materiali di repertorio e commossi ricordi da parte di amici e conoscenti. E, per una volta, queste sono esattamente le ragioni per cui correrò a vederlo. Per chi scrive di cinema questo film è il corrispettivo di un documentario su Maradona per un calciatore. Ci si va, a prescindere, e si fa il tifo.
ADVANCED STYLE – LE SIGNORE DELLO STILE
Advanced Style è il nome del blog di un tizio di nome Ari Seth Cohen, un newyorchese che si è messo in testa di perlustrare le strade della città che non dorme mai per scovare le vecchine più trendy e modaiole. Insomma: costruire un catalogo di trendsetter della terza età, una Villa Arzilla tutta lustrini e cappellini con veletta. Io faccio il cretino ma in realtà non è affatto un’idea malvagia e infatti eccoci qui a parlare del primo (?) film della storia tratto da un blog. E poi magari chiunque si interessi di moda e/o società e/o New York ha da tempo eletto questo sito come suo mito di riferimento e io sto semplicemente facendo la figura del pirla. Per farla breve: il documentario, diretto da tal Lina Plyoplite, ci racconta un manipolo di signore sicuramente elegantissime, sicuramente sagacissime, sicuramente sofisticatissime, sicuramente tutto-issime. Il mio unico problema, e lo dico abbassando la voce, è che non me ne frega nientissimo. Però il film potrebbe essere un oggetto curioso e arriva in sala grazie allo sforzo di un nuova società di distribuzione di documentari, la Wanted, a cui auguro ogni bene. Quindi, novello Ponzio Pilato, decreto un pensatore.
NUOVO ORDINE MONDIALE
Ed eccoci qui, dulcis in fundo. Ora vi racconto una storiella: l’altro giorno il buon kekkoz mi compare in chat e mi ricorda che tempo fa gli avevo promesso un giro di pregiudizi. Io faccio il timido – e contemporaneamente la ruota del pavone – ma acconsento. Da solerte padrone di casa mi manda dunque il link per la compilazione (a me, analfabeta digitale che non ha mai avuto un blog) con i titoli della settimana. Il giorno dopo si riaffaccia per dirmi che si è aggiunto un altro film, italiano, di cui mi manda il trailer. Che è questo qui. Lo vedo e mi deprimo un po’, capendo che è stata tutta una messa in scena per uno scherzetto di carnevale che mi ha voluto fare il nostro ospite. Perché è evidente che Nuovo Ordine Mondiale non esiste: l’ha girato kekkoz in persona ieri sera, avrà scritto i dialoghi durante un’intervista con Maccio Capatonda, avrà convinto Enzo Iachetti a partecipare durante una pausa caffè nei corridoi di Segrate. Certo ha un po’ esagerato, riducendo il ricordo dell’OMIGIDIO di Montanari a delicato momento trash, che impallidisce e scolora di fronte a tutto questo ben di dio. A cominciare dal logo della produzione, un ibrido tra lo stemma di una repubblica marinara e un’icona massonica, il film dei Fratelli Ferrara promette fremiti indicibili: l’esercito che presidia le strade, i microchip che controllano le menti, i poteri forti che inculcano la paura, tutti che strillano e sparano, simboli satanici, tette. Restano negli occhi e nel cuore la sagoma di un pistolero con baffetti e dolcevita attillato grigio perla che spara urlando: «EHIII, UN PO’ DI BIOMBOOO!» e il sosia di Bud Spencer che intima: «NON FINISCE GGUÌ» con un ditone teso. Complimenti, kekkoz! Scherzo riuscito! AhAhAh! Spiritosissimo! Amici come prima! Una pacca sulla spalla e via! Poi ho letto che l’anteprima del film si terrà domani alle 20 all’UCI Cinemas di Casoria (NA) e ho ingoiato la pilloletta azzurra.
Ma come, scherzo?!
Ti ha dato l’oggetto più pregiato, il Film italiano da deridere della settimana!
p.s. prima! (in ricordo dei vecchi tempi)
Domanda un po’ OT: qualcuno ha idea del perchè Whiplash è in una sola sala in tutto il Veneto (ovviamente a 100 e passa km)?!?!?
Luisa, un po’ perché chi voleva vederlo l’ha già visto e un po’ perché è uscito due settimane fa.
Nuovo ordine mondiale ci rammenta che il bosco dveva nzegnarti che prima deccielo ci sono le chiome degli alberi
Marco, in 2 settimane non l’hanno praticamente programmato. Almeno, a Vicenza e provincia nessuno. Vabbè, mi darò all’online, anche se mi sembra una gran boiata per un film che parla di musica.