Ciao sono kekkoz. Tutto bene? Sono contento per voi. Questa settimana esce un film sul quale volevo che foste ben attenti (spoiler: è “Mommy”) e quindi ho chiamato a firmare i pregiudizi una persona che fosse davvero degna del compito. Lui viene da Firenze, si chiama Andrea Magagnato, tra le altre cose è una delle menti degli Italian Online Movie Awards, è un grande appassionato di film (potete seguirlo su Letterboxd, e sì, è ora che vi facciate un account pure voi) ed è anche un bel ragasso.
Quelli che frequentano i cineblog dai tempi di Splinder lo conoscono come Hawke, ma purtroppo sul suo blog non ci scrive da tempo, questo scansafatiche. Per punirlo, gli ho affidato una settimana massacrante e ne è uscito a pezzi. Quindi credo che non mi rivolgerà mai più la parola.
MOMMY
Okay, pochi di voi mi conoscono per cui tagliamo subito corto: l’unica cosa che dovete sapere sul perché sono qui è che io Mommy l’ho già visto e adorato. Da lì la chiamata di kekkoz con il facile compito di aggiustarmi lo smoking e porgervi su un vassoio d’argento un pacchettino di kleenex e la bomba pesa della settimana. Facciamo dell’anno? Della vita? Fate voi, io la mia top 20 assoluta l’ho già scomodata.
Mommy gira per festival e rassegne e fa parlare di sé già da qualche mese, anche in Italia, per cui oggi che esce in sala con la Good Films c’è ben poco da scoprire: il film non ha riserve, ti rivolta come un calzino e non è un caso che i pochi detrattori puntino il dito sulle scelte stilistiche sfrontate di Xavier Dolan come quella del formato quadrato dell’immagine e della furbissima, ma imprescindibile, soundtrack (Counting Crows, Dido, Oasis, Bocelli, Celine Dion). Scelte forti e personalissime di un ragazzo canadese di 25 anni che, con cinque film alle spalle, la storia del cinema la sta già facendo. Dolan fa incontrare tre anime complesse e senza pace: un’esuberante madre single, un figlio iperattivo e ingestibile, una vicina di casa remissiva ma curiosa, un triangolo di disadattati che trovano solo in sporadici momenti un equilibrio bellissimo e commovente.
Qualche inevitabile dubbio sulla versione doppiata ce l’ho, anche solo per l’interpretazione balbettante, misuratissima, di Tatiana Maslany Suzanne Clément, ma non ci sono dubbi che la bomba sia di quelle grosse e fragorose. Vi troverete a ridere e frignare senza soluzione di continuità, a volte contemporaneamente. Qui c’è il trailer originale.
MAGIC IN THE MOONLIGHT
Più passano gli anni più la filmografia di Allen (che si avvicina quatto quatto ai 50 film) mi ricorda la cucina di mia suocera: capace di capolavori indicibili, che ti alzi e corri ad abbracciarla con le lacrime, e subito dopo taac: la carbonara che sembra tenuta insieme con la calcina. Questo giro mi sa che ci tocca la pasta scotta. In realtà ero partito gasatissimo perché c’è Emma Stone che sorride, e fa gli occhioni, e sorride, e io muoio. Poi il trailer l’ho anche ascoltato e le battute sembrano quelle avanzate dal copione precedente (non che i trailer dei film di Allen abbiano mai convinto qualcuno… eh).
Siamo negli anni ’20, in una elegantissima e luminosissima Costa Azzurra, e Colin Firth è un famoso mago un po’ borioso che viene convinto da un amico a vestire i panni di un uomo d’affari per smascherare una sedicente medium con il visino di Emma Stone, che sorride. Va da sé: finisce cotto.
Ci sono le scenografie e gli attori giusti, c’è il jazz, c’è l’illusionismo, manca, a naso, un po’ di verve alla sceneggiatura. Gli do un pensatore perché mia suocera bene o male ti sfama sempre e poi sono tra quelli per cui Emma Stone vale il biglietto. Anche perché io NON HO una registrazione in cui Emma Stone ride ad una mia battuta, e in qualche modo mi devo arrangiare.
THE ROVER
In questo caso poso lì un pensatore con quel sorriso finto d‘imbarazzo che in realtà è paraculaggine. Il film l’ho già visto e mi è piaciuto, ma non abbastanza da elargire la bomba. Quindi sì, vado al tilt: decida il pubblico da casa.
Siamo in uno dei futuri più desolanti, sozzi e polverosi mai visti (tipo Interstellar se McConaughey faceva spallucce e se ne restava a casa a comandar trattori) pieno di vagabondi e reietti che hanno perso ogni minima traccia di umanità. È diretto da David Michôd (vi ricordate Animal Kingdom?) e ha il sapore di un road-movie post-apocalittico con inizio e fine pazzeschi, in mezzo, ahinoi, qualche lungaggine di troppo. Ci sono un Robert Pattinson che, se ce n’era bisogno, dimostra di spaccare svariati culi e la referenza del padrone di casa, che la bomba quasi quasi… Mi giro e fingo di non sentire. Dopotutto questa è la settimana di Mommy e non ce n’è per nessuno.
SCEMO & PIÙ SCEMO 2
Dai su “scatena lo scemo che è in te”. Con questa mattissima tagline italiana è presto lanciato il sequel del film che vent’anni fa fece esordire insieme i fratelli Farrelly, la faccia di gomma di Jim Carrey e un taglio di capelli che ha fatto la storia. I primi sembrano ormai aver detto tutto quello che avevano da dire (anche se, dati d’esordio mericano alla mano, tornano a fare sghèi), il secondo, a ormai DIECI ANNI da Eternal Sunshine of the Spotless Mind, continua a mostrare fiero la sua apatia nella scelta dei copioni.
Anche questo è una specie di road-movie con Harry e Lloyd che se ne vanno in giro a sgranare gli occhi e a fare gli stupidotti, alla ricerca della figlia di uno dei due. Se proprio volete provare, qui trovate decine di clip del film ma, vi avverto, le risate sono frequenti come una settimana a dicembre senza film d’animazione.
UN AMICO MOLTO SPECIALE
È il film con la sacchettata di buoni sentimenti della settimana. In pratica un bambino di sei anni scambia un ladro che gli piomba in casa per Babbo Natale e gli si aggrappa al vestito per tutta la notte di Natale finche i due, tra mille peripezie, non diventano amiconi. Ecco, già l’idea che questo bambino scambi Thar Rahim per Babbo Natale è per me sufficiente a far partire il facepalm, ma provate per curiosità a sentire anche solo per pochi secondi la sua voce italiana e pensatevi 80 minuti in una sala buia con lui che vi dice cose tipo “..ma il RIGHELLO che desidero di più al mondo..”, “DEVO FARE LA CACCA!”, ecc…
IL CACCIATORE DI ANATRE
La vita serena e i sogni di quattro amici che vivono nella periferia modenese degli anni ’40, finché non arriva la guerra. Intravedo un sacco di allori sulla locandina per cui portiamo rispetto, dico. Poi googlo e mi si spalanca un mondo. Tra sito ufficiale e cinemaitaliano.info scopro che il film gira dal 2012 (ma le recensioni sono pochissime), vanta ”Oltre 100 partecipazioni a festival in Italia nel mondo e più di 20 premi” e che si tratta del lungometraggio d’esordio di Egidio Veronesi, uno cresciuto a pane e “filmati utilizzati nella sperimentazione di terapie non farmacologiche sui malati di Alzheimer”. EHM. Continuo. Pare che il film “sulla vita e sui sentimenti” “che si muove tra poesia e tradizione” si apra con “DIECI MINUTI di voce fuori campo sui titoli di testa che introduce al racconto vero e proprio”. Poi faccio play e mi si dipana un trailer che diomiotoglietemileforbici. Io, ecco, come dire, con rispetto, passo.
LA METAMORFOSI DEL MALE
Un tizio è in arresto per aver squartato un’intera famiglia. Ma il suo avvocato difensore lo crede innocente (in effetti sembra un tipino così a modo…). Finché questi non squarta un altro tot di persone e scappa. Allora tutti si rendono conto che trattasi di lupo mannaro. Signori e signore il found footage con il licantropo è servito. William Brent Bell sembra aver fatto un pochino meglio rispetto ai precedenti (Stay Alive e L’altra faccia del diavolo), c’è anche un sentore di melodramma e la scena del trailer in cui viene fatta a pezzi l’equipe medica pare notevole. Sticazzi dite? Sì, non ci caschiamo.
THE PERFECT HUSBAND
Nonostante il titolo e gli attori stranieri The Perfect Husband è un horror indipendente italiano diretto da Lucas Pavetto che ha preso un suo mediometraggio di qualche anno fa e, sentendo la forte esigenza di migliorarsi nonché la grande originalità del plot, ha pensato bene di farne un remake lungo con tanto cast internazionale.
Giovani marito e moglie decidono di farsi il weekend in un chalet nel bosco per riappacificarsi dopo una gravidanza andata male e qualche incomprensione. È lì che lui cerca di accettarla. Nel senso che la rincorre con un’accetta, e magari non ha tutti i torti. Caro lettore appassionato di cinema di genere indipendente italiano con il tuo Nocturno sotto il braccio, vai avanti che poi ti raggiungo.
AMBO
Ambo è il terzo film italiano della settimana nonché il secondo film con il trailer introdotto da un bambino pacioccoso. Dio ci aiuti. È una commedia romantica dove Adriano Giannini dubita che il bambino pacioccoso sia suo figlio visto che non riesce più a mettere incinta Serena Autieri, nonostante i tentativi in tutti i luoghi in tutti i laghi. È l’opera prima di Pierluigi Di Lallo, e diciamolo subito, non pare qualcosa di più di un modesto film per la tv. Lo so, lo so, c’è l’esordio sul grande schermo di ENRICO PAPI (che qui trovate in una serie imperdibile di selfie vestito da prete), c’è il simpatico barbiere Maurizio Mattioli (che con tre/quattro battute tattiche si guadagna mezza locandina) e le musiche di Noemi (a cui vogliamo tutti un gran bene)… ma che ci volete fare: sono una brutta persona.
REACH ME
Sono al decimo pregiudizio e comincio a realizzare che il piano di appalto dei Prejudice sia inevitabile se si vuole una vita da vivere. No davvero, io ero qui per Mommy, cristo. Reach Me invece è un drama corale scritto e diretto da John Herzfeld (di cui credo di aver visto costretto solo 15 minuti – Follia omicida a New York), che tipo era compagno di università di Sylvester Stallone, qui solo attore. Ce li vedo i due in fondo all’aula a fare i bulletti.
In questo film, costato pochissimo e finanziato con il crowdfunding (perché Sly c’ha il braccino corto e di cavargli due lire non c’è stato verso), i due si ritrovano e danno vita ad un intreccio di storie e personaggi accomunate da un libro motivazionale scritto da uno sconosciuto. Io dal trailer ho capito poco, anche perché ad un certo punto ho intravisto Lauren Cohan e mi si è spento il cervello, per cui credo sia arrivato il momento di giocarmi il pomodorometro della settimana che ad oggi batte quota, rullo di tamburi, 0%!
L’IMMAGINE MANCANTE
Torniamo seri. Questo NON È il film d’animazione della settimana (lo so che avete visto gli omini di plastilina nella locandina, ma no) bensì un documentario cambogiano serissimo e pesissimo candidato all’Oscar quest’anno come Miglior film in lingua straniera. Il regista, Rithy Panh, è uno scappato al genocidio in Cambogia degli anni ’70 e con questo film cerca di raccontarne le atrocità sovrapponendo alle poche immagini di repertorio dei veri e propri quadri composti da statuette d’argilla dipinte a mano. Io per ora passo perché devo ancora recuperare Oppenheimer, pertanto vi lascio lì un pensatore che con la sua stazza forse forse dietro nasconde una bomba.
Ciao a tutti è stato bello. A mai più.
Siamo sicuri che il titolo del film sia “Ambo” e non “Ambo e le canzoni di Noemi”?
Il secondo titolo mi piace di più.
Perché mattioli ha la maglietta di Totti al contrario, nella locandina? O è la sua faccia che è girata male? Ma soprattutto, 1 film su 11?
Su qui e qua l’accento non va.
Su lì e là l’accento va.
Beh, “Magic in the moonlight” è un po’ una riscrittura di “My fair lady” ma senza la cosa dell’insegnante/allieva (che detta così sembra un virtuosismo tipo rifare l'”Amleto” ma senza il rapporto padre/figlio), ma a chi piacciono le commedie hollywodiane classiche piacerà. La sceneggiatura ha bei momenti graffianti alla Allen, pur se in una confezione convenzionale, e questo dà sicuramente valore al film. E poi non capita spesso di avere protagonisti positivi così dichiaratamente e risolutamente atei!
Mi avete convinto su Mommy. Alla larga da Woody Allen.
“Caro lettore appassionato di cinema di genere indipendente italiano con il tuo Nocturno sotto il braccio, vai avanti che poi ti raggiungo.”
Caro Andrea/Hawke, ti ringrazio per avermi fatto il primo, autentico spit take con conseguente risata rauca* del 2014.
accetta un modesto simbolo della mia ammirazione, te ne prego.
(* ridere tipo AH. AH. AH., con i punti che separano gli AH., come le streghe teenager in certi film anni ’90.)