Ciao sono kekkoz e do fiato alle trombe per l’autore di questa settimana: Tommaso Simili è una delle voci storiche di SecondaVisione, la più bella trasmissione di cinema della radiofonia italiana tutta, giunta alla sua 14a stagione, oltre che co-autore del blog del programma, tra i più leggendari cineblog italiani. Poi potrei passare ore a raccontarvi che razza di persona deliziosa sia Tommy ma se lo conoscete lo sapete già. Per tutti quelli che lo scoprono oggi: potete ringraziarmi con un bonifico.
INTERSTELLAR
Premessa: questo film l’ho già messo nella ideale mia cinquina dell’anno senza averlo visto. Che se per caso è una tacca al di sotto delle mie enormi aspettative sarà la mia più cocente delusione cinematografica. Nel 1997 profetizzai due cose: che i Verve avrebbero continuato a fare dischi per altri 10 anni e che Matthew McConaughey sarebbe diventato il miglior attore della sua generazione. Ho smesso di fare profezie. Il film che mi fece intravedere un roseo futuro cinematografico per quel tonico figlio del Texas era Contact di Robert Zemeckis, anch’esso guarda caso di argomento spaziale. Il suddetto ragazzone anabolizzato ha cercato di smentire la mia profezia per i successivi 15 anni, recitando (si fa per dire) in mediocri commediole romantiche. Poi è arrivato Killer Joe, e da quel momento il buon vecchio Matthew non ha sbagliato più un colpo. Non so cosa ci avessi visto in lui, ma mi sono dato comunque un cinque alto da solo nella mia stanzetta la sera della sua vittoria agli Oscar quest’anno, rimanendo anche un po’ deluso del fatto che non mi avesse ringraziato nel suo discorso. Interstellar è un film di Christopher Nolan, l’unico regista in grado al giorno d’oggi di girare blockbuster intelligenti che hanno il potere di far arrovellare perfino i ragazzotti coi capelli tagliati a posacenere e il bomber messo dal lato arancione. Tratto dagli studi del fisico teorico Kip Thorne, narra di un drastico cambiamento climatico che colpisce l’agricoltura in un futuro imprecisato e i conseguenti tentativi di trovarvi una soluzione andando a esplorare altri mondi. Per me è più che sufficiente. Mettiamoci pure l’evidente richiamo a uno dei film più belli e sottovalutati degli anni 80, quel Uomini veri di Philip Kaufman dove per la prima volta compare una camminata di astronauti ma senza gli Aerosmith in sottofondo e il gioco è fatto.
SILS MARIA
Non sono Norman Bates, ma a me piace François Truffaut a tal punto che tutte le volte che vado a Parigi faccio un pellegrinaggio sulla sua tomba al cimitero di Montmartre. Olivier Assayas mi è sempre apparso come un suo piccolo figlioccio un po’ più intellettuale: ex-critico dei Cahiers du Cinéma, vagamente somigliante a Jean-Pierre Léaud, autore di uno dei film più belli sull’adolescenza come l’Eau Froide e dei più originali sul cinema come Irma Vep. Ma a volte anche esempio di tipico cinema ombelicale transalpino, ritorto su se stesso, vedi l’ultimo deludente Après mai. Ora ritorna con un’opera con protagonista una matura attrice, alle prese con una giovane starlet di Hollywood in procinto di interpretare il ruolo che l’ha resa famosa. Bravi, Eva contro Eva è dietro l’angolo, e pure Persona. Ma l’entusiasmo suscitato alla sua prima al Festival di Cannes, una rediviva Juliette Binoche con un inedito e prorompente décolleté, Chloë Grace Moretz e Kristen Stewart mi fanno sperare il meglio.
GET ON UP
Diciamocelo: a parte Amadeus, Bird e Io non sono qui, è impossibile fare un grande film su un musicista realmente esistito. Si ricadrà sempre nello stereotipo infanzia difficile-primi tentativi-successo-botte a partner-caduta-resurrezione. O in Angeli senza paradiso con Al Bano-Schubert. Me li vedo i produttori di Get on up mentre sfogliano il catalogo dei grandi musicisti come noi da piccoli abbiamo fatto con l’album delle figu: “Bob Dylan – celo, Ray Charles – celo, Johnny Cash – celo, Kurt Cobain – celo, Beethoven – celo, fatto da Franco Battiato, John Lennon – celo, James Brown… ehi, James Brown amanca!” Ecco quindi il più classico dei biopic (almeno a giudicare dal trailer) sul Godfather of Soul. Urletti, pantaloni a zampa d’elefante, cotonature improbabili, paillettes e nel più roseo dei casi due o tre dritte per fare la spaccata e ritornare in piedi. L’unico motivo di interesse, ma proprio se uno è costretto sotto minaccia riascoltare l’intera discografia degli Earth Wind & Fire, non è ovviamente il regista Tate Taylor, che ci aveva sfratto con le 3 ore di The Help, quanto lo sceneggiatore Jez Butterworth, drammaturgo inglese che aveva esordito al cinema col pregevole Mojo. Cosa non si fa per pagare il mutuo della casa a Notting Hill. Ora non rimane che un biopic su Franco Califano.
ANDIAMO A QUEL PAESE
A me Ficarra e Picone non danno fastidio. Anzi, mi stanno persino simpatici e ogni un sorriso me lo strappano, vuoi perché tifano la mia stessa squadra, vuoi perché o Ficarra o Picone (che non mi ricordo mai chi è l’uno e chi è l’altro) assomiglia a Marcelo del Real Madrid. In realtà, ora che ci penso, a farmi sorridere è più Marcelo che assomiglia o a Ficarra o a Picone. Quello che non capisco è perché debbano fare film, oltretutto nella triplice veste di registi, sceneggiatori e attori. Un po’ i Powell & Pressburger nostrani. Andando a cercare la trama della loro nuova fatica (per noi) cinematografica, ho trovato una sinossi talmente lunga che in confronto la trama di Stalker risulta quasi un risibile:
“All’inizio di questa divertentissima storia, Valentino e Salvo – amici di vecchia data, rimasti disoccupati – decidono di cambiare vita e trasferirsi dalla città al piccolo comune siciliano di Monteforte, paese d’origine di Valentino e della moglie di Salvo, Donatella, nella speranza di limitare le spese. L’impatto dei nuovi arrivati con la piccola realtà del paese, però, è abbastanza complicato, specie per Salvo, abituato alla vita di città. A questo si aggiunge il fatto che Salvo, con la sua famiglia, va a vivere in casa con la suocera e che il piccolo centro pare essere abitato solo da anziani. Salvo e Valentino, sempre in cerca di una soluzione per sbarcare il lunario, trovano modo di sfruttare la cosa a loro favore, trasformando la casa in una specie di ospizio improvvisato. Il patto è chiaro: “Voi ci date la pensione e noi ci occupiamo di voi!”. Gli affari in principio fioriscono. Peccato che un giorno, complice una serie sfortunata e improbabile d’incidenti mortali, i vecchi sopravvissuti si convincano che la casa sia stata colpita dal malocchio e decidano di sloggiare. L’unica a non cedere, al ricatto della superstizione, è Lucia, l’anziana zia della moglie di Salvo: lei non se la sente di lasciare Valentino, Salvo e la sua adorata nipote sul lastrico. Salvo, però, sa bene che nessuna pensione è per sempre. Quando zia Lucia non ci sarà più chi penserà a loro? Così, durante una notte insonne, gli viene in mente la soluzione: Valentino deve sposare zia Lucia! Solo così la pensione sarà salva e la sua famiglia potrà raggiungere l’agognata sicurezza economica! Valentino e Lucia progettano di sposarsi in gran segreto al comune di Palermo, così da sfuggire agli occhi indiscreti dei paesani. Ma a Monteforte la notizia è così succulenta da metterci pochissimo ad arrivare alle orecchie di tutti. I primi a gridare allo scandalo sono: l’anziano parroco Padre Benedetto, il burbero brigadiere dei carabinieri, e Carmelo il nullafacente nipote della donna, che vorrebbe mettere le mani sulla pensione della zia. L’unica a non accorgersi di nulla pare essere Roberta, l’ex fidanzata storica di Valentino, tornata in paese dopo una brutta separazione sentimentale. Ma non tutti i mali vengono per nuocere e così in tutto il paese si assiste ad un rifiorire delle anziane rivitalizzate dalle attenzioni nuove riservate loro dai giovani disoccupati. La messa in scena prosegue fino all’imminenza del matrimonio ma un impensabile imprevisto verrà però a sconvolgere i loro piani e quelli dell’intero paese”.
Evviva la sintesi.
TORNERANNO I PRATI
Ermanno Olmi mi ricorda quegli episodi da libro Cuore, quando si va a trovare il vecchio maestro di scuola, un tempo bravo, magari un po’ bacchettone, ma lucido e appassionato, diventato con l’età irrimediabilmente trombone. Tipo Wim Wenders, ma con 20 anni in più. Ecco, dopo l’exploit del Mestiere delle armi, questo è stato il mio sentire durante la visione estenuante di Terra Madre, marchettone pro cibo lento che nonostante durasse 80 minuti mi faceva apparire Satantango come un film d’azione. A detta dell’autore, Centochiodi doveva essere il capitolo finale della carriera, l’ultimo film di fiction. Del resto aveva come protagonista Raz Degan. In realtà dopo c’è stato Il villaggio di cartone e ora questo Torneranno i prati, racconto degli ultimi scontri della prima guerra mondiale sugli altopiani del Nord-Est. Un po’ Rigoni Stern, un po’ Malick, un po’ l’Olmi che fu. E Claudio Santamaria. Mereghettianamente parlando: due palle.
NON ESCLUDO IL RITORNO
Ho un grande rammarico nella vita: aver avuto la possibilità di andare a cena dal Califfo e non averne approfittato. Giuro che è vero. Non so come io riesca a convivere con questo rimpianto. Avremmo parlato della nostra comune passione calcistica, lui mi avrebbe cantato fino alla commozione La vacanza di fine settimana, avrei ascoltato sulle sue ginocchia i racconti su Renatino De Pedis. Sicuramente un biopic su Franco Califano non aiuta a superare il trauma dell’occasione mancata. Avete letto bene: Non escludo il ritorno è UN BIOPIC SUL CALIFFO. O almeno, la storia della sua “terza vita”, dal declino alla rinascita fino alla morte. Il trailer penso sia una delle cose più terrificanti che mi sia capitato di vedere, con il protagonista Gianfranco Butinar (la cui pagina Wikipedia ci dice imitatore di più di cento personaggi, tra cui Luciano Moggi, Zlatan Ibrahimović e Tonino Carino, perché al giorno d’oggi si imita ancora Tonino Carino), che imita Max Tortora che imita Nanni Moretti che imita il Califfo che imita se stesso. Però la vera chicca è un’altra: non tanto Enzo Salvi nei panni del suo agente, non tanto il faccione di Nadia Rinaldi quanto quello di un gonfio Michael Madsen, l’attore che una volta ebbe un attimo di notorietà in una famosa-scena-con-un-orecchio-in-un-cult-film-sanguinolento, che distilla massime doppiato come Kevin Costner alle prese con milf e tonni. Ecco, a scriverne mi sta venendo una voglia matta di vederlo.
TRE CUORI
Quando tentavo di spacciarmi per sbarbo cinefilo, ho frequentato per qualche tempo la Mostra del Cinema di Venezia, e in ogni edizione c’era sempre almeno un film di Manoel De Oliveira e di Amos Gitai. O uno di Benoît Jacquot. Sempre sugli argomenti più disparati: la cleptomania, le mazzette, il sadismo, i paria (!). E ora questo Tre cuori, sempre presentato al Lido: lei incontra lui, fanno roba, lui parte, si danno una punta, non si beccano, lui trova un’altra con cui fa roba. Forte, eh? Più che un film d’arte pare un film sulle figlie d’arte, con le rampolle Gainsbourg e Mastroianni a contendersi il povero Benoît Poelvoorde. Il triangolo decisamente no.
DORAEMON – IL FILM
Vi ricordate il robot gattone blu che arriva in aiuto del povero diecenne sfigato Nobita? Beh, finalmente dopo più di 40 anni dalla sua nascita come manga, tre serie televisive animate e svariati lungometraggi, Doraemon ritorna al cinema per restituirci la simpatia dei suoi gadgets attraverso la magia del 3D. Ne sentivamo il bisogno? Anche no, soprattutto per la qualità dubbia dell’animazione digitale. Però volendo si può recuperare una serie di episodi in hindi, che magari sono pure meglio.
Niente, quando leggo il nome Stefano Calvagna il pensiero va sempre all’indimenticato Pecché la Viulenza di Sheva.
A parte questo Inerstellar credo sarà impossibile da evitare anche se sono molto dubbioso sul risultato finale. Credo che le ambizioni abbiano svaccato su tutto, ma si vedrà.
E poi quello del triangolo amoroso con le due sorelle. Stai a vedere che invece di farsi una risata e poi una serata simpatica a trombare in tre finirà tutto in tragggedia.
Che altrimenti le false sicurezze della borghesia come le eviscereremmo?
Il link con le tette della Binoche non funziona, fortuna che la ricordo che si fa trombare da dietro nella limousine di Cosmopolis. Non era affatto male. Intendo la Binoche, Cosmopolis fa cagare i cani.
Non che mi possa aspettare altro da uno che definisce i blockbuster di Nolan “intelligenti”, ma di lungometraggi su Doraemon ne avranno fatti una trentina…
Parliamo del fatto che “Non Escludo il Ritorno” è il 9° (NONO) film di Stefano Calvagna in 7 anni. Ma dove li trova tutti quei soldi?
Intanto scopro solo ora che Takahata è stato in sala per tre giorni . Quanto hanno rotto questi blitz degli anime giusto per promuovere il dvd
Giù le mani da Cosmopolis, non fatemi incazzare.
UPDATE: ora il link con la scollatura della Binoche funziona, persone di scarsa immaginazione.
kekkoz…
ti seguo sempre a occhi chiusi
ma cosmopolis era veramente nammerda
ERRATA CORRIGE, cospargendomi il capo di cenere e facendo ammenda: il film di Doraemon non è il suo esordio al cinema. Ero troppo preso dai rovelli di Nolan. Ho corretto l’errore e grazie della segnalazione.
Concordo in pieno con chi mi precede, oltre ad aggiungere che, forse, la fase discendente della parabola di Cronenberg è ben avviata.
Chi mi precede e spara a zero su Cosmopolis ça va sans dire 😀
“spara a zero”
suvvia
non mi è piaciuto il film
capita
e poi a cronenberg visti i precedenti gli si può pure perdonare qualcosa di venuto male
Volevo metterci un po’ di pathos NINORN :-D…visto che è stato uno dei film più irritanti e deludenti (partivo da aspettative medio-alte) che abbia visto negli ultimi anni (anche se anni luce da Somewhere).
Ma ancora stiamo a discutere di Cosmopolis nel 2014 nella settimana in cui esce un BIOPIC DI CALIFANO DIRETTO DA CALVAGNA? Siete proprio quelli che guardano il dito invece della luna.
(Questo è ciò che scrissi di Cosmopolis due anni fa, getto a terra il microfono e levo i tacchi).
In ‘non escludo il ritorno’, con quel titolo, Calvagna poteva osare una svolta zombie che gli avrebbe fatto vincere tutto da oggi al 2020. adorabile il product placement Ducati di Enzo salvi testimonial credibilissimo.
Su Cosmopolis però forumizzatevi responsabilmente.
Dopo aver dormito nella stessa suite dell’albergo di Roveleto di Cadeo in cui era solito dormire Califano in tournée. non posso non vedere il film di calvagna. Uhm, no, in effetti posso. E Cronenberg un po’ bollito mi sa che lo è (purtroppo).
E invece la parabola di Prejudice sembra finalmente tornata ascendete! Grandi pregiudizi. (Ti leggevo anche su SecondaVisione, grazie Tommy.)
Salvo Nolan… e non Ficarra… Tutto il resto è noia…
Avevo letto “Torneranno i PIRATI” e speravo una svolta di Olmi nello spaghetti-action!
Arghhhh
Sparrow!!!
Cosmopolis è figlio di Uragano e Apocalisse, e basta.