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Nei cinema dal 10 luglio 2014

Ciao sono kekkoz e l’autrice dei pregiudizi di questa settimana è tanta roba. Tipo? È una firma storica del web italiano da tempi non sospetti. È l’ideatrice di uno dei più bei siti italiani nati negli ultimi anni. È l’autrice di due libri pazzeschi che dovete leggere OGGI. Ed è una carissima amica del sottoscritto oltre che una grande sostenitrice di Friday Prejudice fin dai suoi primi vagiti.

Potrei continuare per ore, ma lascio che sia lei stessa a presentarsi. Ciao, Violetta Bellocchio.

*****

Mi sembra che voi lettori di Prejudice, da noi ospiti, apprezziate la brevità. Bene: il primo paragrafo di ogni pregiudizio sintetizza quello che penso. Il resto è per chi oggi non ha voglia di fare un cazzo.

Mi chiamo Violetta Bellocchio e la mia cosa preferita in assoluto nel mondo è la puntata di Alfred Hitchcock presenta con un giovane John Cassavetes che fa quello scappato di prigione.

 MAI COSÌ VICINI è una commedia sulla terza età diretta da uno che non infila un film dal 1990 ma che in Wolf of Wall Street faceva ridere forte.

Ve ne siete accorti, di quanti film di e per vecchi escono in Italia negli ultimi anni? I titolari di Carta 60 sono la core audience dei cinema delle grandi città, e non c’è nulla di male nel distribuire film che – sulla carta – assecondano i desideri di chi al cinema ci va davvero. I miei genitori vanno al cinema insieme il sabato pomeriggio, e a volte vanno a vedere cose come Argo o The Master, così poi ne discutono tra loro, a volte no. Della coppia, mia madre (n. 1942) è quella che due-tre volte l’anno va a vedere L’Interrail dei vecchi  e  La morte è solo un altro modo di dire ti amo. (Il livello di gradimento cambia a seconda del film.) Mio padre (n. 1936) dopo Due vecchi dal consulente matrimoniale ha imprecato per mezza giornata, e mio padre è uno che quando uscì Baaria ci andò senza un lamento, dicendo – pare che sia il film più costoso della storia italiana, io voglio farmi una mia opinione.

Ho chiesto a mio padre se sarebbe andato a vedere, oggi, la commedia Mai così vicini. – Assolutamente no – , ha detto lui, e ha aggiunto: – specialmente se è un film sull’amore e sul sesso dopo i settant’anni, perché a me quelle cose fanno orrore.

Non gli ho detto che la protagonista femminile di questo film è Diane Keaton solo perché quando avevo dieci anni l’ho sentito dire che Diane Keaton quando baciava al cinema tirava sempre fuori la lingua e lui non era d’accordo.

 IL PARADISO PER DAVVERO è il titolo italiano di Heaven is For Real, un film rivolto a una particolare fetta dei miei correligionari, che dopo aver visto questo video io chiamavo Heaven Is Totes Real, Yo, ma poi mi sono guardata tutto il film. Evviva!

Alla base c’è un libro scritto dal predicatore Todd Burpo, a proposito di un fatto accaduto a suo figlio Colton, il quale a quattro anni è stato sottoposto a un intervento chirurgico d’emergenza, e una volta uscito dall’anestesia ha detto di essere stato in Paradiso, di aver parlato con Gesù e di aver incontrato alcuni parenti morti prima che lui nascesse. Non mi stupisco che il libro sia diventato film: negli Stati Uniti ha venduto uno sfracello (se scorrete le classifiche dei più venduti secondo il New York Times, ci trovate molti manuali di auto-aiuto e molti libri di e per cristiani fondamentalisti: un caso simile è stato Proof of Heaven). Del film in generale potreste aver letto qualcosa negli ultimi mesi, per via di un falso profilo Twitter attribuito al ragazzino protagonista della storia vera, dove si dicevano tante cose che avrebbe potuto dire Dente di Fata durante Manhunter. (I AM NOT AFRAID OF WHAT I AM BECOMING.)

Forse però vi potrebbe stupire quale tipo di film è venuto fuori nello specifico: sulla carta siamo in piena Christploitation, un genere improponibile per uno spettatore europeo, che si rivolge soltanto a un pubblico cristiano americano molto chiuso e conservatore; il film-film, però, è una specie di compromesso, che vuole mandare a casa contenti sia i miei confratelli schizzati sia gli spettatori occasionali in cerca di “intrattenimento pulito per famiglie”. Quindi per mezz’ora – prima che il bambino vada in ospedale, ecco – è tutto girato come una noiosa pubblicità delle assicurazioni anni ’90; poi cambia marcia e diventa un unico, PAZZESCO spot elettorale per Dio, con il padre che va in chiesa a pregare e grida DIO, NON PRENDERTI MIO FIGLIO!, i mega-colori sgranati, il colonnone sonoro che ti segue anche quando vai in bagno, Cristo che entra in campo girato di schiena e dice “ciao bambino, tu lo sai chi sono?”.  E io sono Team Dio, e questa roba riesce in un colpo solo a essere esilarante e terrificante.

Il mio quasi correligionario Paolo Livorati sostiene che senza questi nostri fratelli schizzati il brutto cinema americano sarebbe molto meno divertente. Io sostengo che senza i fratelli schizzati sarebbe molto più facile definirsi cristiani e non temere di ricevere un pugno al plesso solare, ma in questo caso sono felicissima di fare un’eccezione.

 LA MADRE è un film italiano con protagonisti Carmen Maura e Stefano Dionisi. Ha telefonato il 1992, ha detto che siamo tutti stronzi.

Se il cinema fosse una gara di pattinaggio sul ghiaccio, e se noi fossimo i giudici chiamati a esprimere un punteggio in numeri, questo sarebbe il film a cui direi “would not bang” facendo il segno della pistola con due dita. Oh, sentite, il Cattolicesimo non è la mia fede, non è la mia cultura di nascita né quella in cui sono cresciuta, “il prete che scopa” non è mai stata una mia fantasia (né, peggio mi sento, una questione controversa) e “la madre di un prete impazzisce” mi sembra uno spunto buono o cattivo come tanti, dipende da come lo si realizza. Considero solo il film come… non lo so, oggetto artistico? Ottimo: la recensione più approfondita che ho trovato insiste sui dettagli sessuali come unico tentativo di modernizzare il romanzo breve di Grazia Deledda, e dice che questi dettagli sessuali sono fuori luogo, mal gestiti e gratuiti. Bambino che sputa! Il figlio dell’Esorcista! Sparare cazzate su quello che non si conosce! Non ho letto il romanzo di Grazia Deledda perché ho fatto l’università durante la campagna di Russia. Ba-doom-tisssh.

PARANORMAL STORIES è un film horror a episodi che il comunicato stampa definisce «un Creepshow all’italiana». Alzi la mano chi, di fronte a un’offerta per sceneggiare un Creepshow all’italiana, sarebbe tanto autolesionista da rispondere «no grazie, io ho dei valori».

Esatto, se avessero chiamato me, te, lui o lei per scrivere un episodio di Paranormal stories, ci saremmo fiondati sul posto, tutti. (Se poi non ci pagavano ci levavamo di torno, ma è un altro discorso.) Ragionando da spettatori, però, davanti a un horror collettivo girato da registi che non ci sono familiari ci scatta il fattore V/H/S, per cui ci piacerebbe capire cosa si dice in giro, ma il bilancio generale sembra sempre essere «ok», «insomma», «l’importante è partecipare», con il Davidone di turno che grida «CINQUE STELLE! E’ PIENO DI FICA!». E allora tiriamo le somme: se il tenore della discussione si assesta in zona sì meno peggio di, guardiamo tutto il film e ce ne assumiamo la responsabilità, altrimenti aspettiamo che venga messo online l’episodio di cui tutti dicono «dunque allora il film è una merda tranne quell’episodio lì che è fa-vo-lo-so”. (Di V/H/S 2 ho visto solo il segmento del regista di The Raid, infatti.)

Qui come stiamo messi, secondo voi: livello medio simpatico/decoroso, oppure aspettiamo il singolo episodio?

Va bene, giochiamo a Uno di questi episodi è migliore degli altri (le trame sono tratte dal comunicato stampa):

a. famoso scrittore horror lascia cose losche in eredità al figlio
b. ragazzo si suicida, ma sembra essere vivo e vegeto su Skype
c. falsa medium viene perseguitata da morti veri
d. bambino inquietante e muto viene schivato da tutti
e. tre tipe in macchina investono qualcuno, non si fermano, vanno in un motel dove fanno una brutta fine
f. la cornice: un bambino a casa da solo guarda film horror alla TV

Il mio Episodio Migliore è il B; isolando quello che nel trailer sembra venire da lì, l’inquadratura con il ragazzo-fantasma che appare sullo schermo del computer e dice «…è così che si trattano gli amici?» è anche buona. Personalmente vedrei volentieri un film di 80′ con quel tono medio, e quest’ultima frase mi si ritorcerà contro per l’eternità.

L’ESTATE STA FINENDO è un film italiano passato l’anno scorso al festival di Pesaro, di cui leggendo due righe di sinossi ho pensato «ah, Donkey Punch senza la barca», poi ho intravisto due stralci di articoli sul film, ho letto «vuoto di valori» e «i giovani d’oggi» e ho serrato le ginocchia (che già non erano spalancatissime in prima battuta).

Allora, questo è un film del tipo  gruppo di giovani/ricchi si comporta male, poi succede un fatto grave e la situazione degenera senza ritorno. Ecco, per curiosità: la frase «giovani/ricchi che si comportano male» è sufficiente a interessarvi a un libro o a un film? Per me no, però, sentite, un paio d’anni fa mi sono guardata I Melt With You dall’inizio alla fine solo per vedere se davvero alla fine morivano tutti, quindi la mia tolleranza a certe premesse è un po’ più alta di quanto voglia raccontare.

E ora giochiamo a : quale sarà il fatto grave del film L’estate sta finendo?

a. stupro
b. stupro + omicidio
c. overdose
d. suicidio
e. hanno tirato sotto un nordafricano con la macchina
f.. qualcuno si è fatto malissimo ma potrebbe ancora essere salvato chiamando l’ambulanza, però poi qualcun altro deve andare in galera per forza
g. tutti i precedenti

A giudicare dal trailer un certo lavoro è stato fatto, in termini di patina (tono, fotografia, movimenti di macchina: stiamo facendo del cinema); certo, quello che esce di bocca ai personaggi rischia di invalidare la patina in trenta secondi ***, e se l’unico senso del passare 96 minuti al cinema è ripetere al nostro compagno di visione dai dai magari alla fine muoiono tutti, forse possiamo non andare a vedere un film sui giovani con pretese sociologiche grosse come una serie di seconde case a Sabaudia. E’ brutto da parte mia aspettare il momento in cui qualcuno strilla «Io non ci vado in galera per te!» ? Sì, nemmeno io ci vado in galera per te. Ci dobbiamo abbracciare? Dai dai dai. Abbraccio di gruppo.

[*** Il primo che dice «beh, anche Heathers giocava sull’artificiosità dei dialoghi per sottolineare quanto fosse finto tutto il mondo dei personaggi e quanto fosse fragile il loro senso di sé…» ha ragione da vendere, ma rifletta su quanto scadenti sono stati i film che hanno cercato di inserirsi in quella scia.]

LA RICOSTRUZIONE è un film argentino che esce in (azzardo?) tre copie il 10 luglio.

Prima che la grande distribuzione tentasse la strada “l’estate dei kolossal in contemporanea con l’America!!!!”, in Italia d’estate uscivano solo due generi di film: i fondi di magazzino horror / sexy / comici, e i film indie che non trovavano spazio prima. Un melodramma familiare argentino non contiene tette, non contiene coltellate, non contiene la frase «una festa che spacca a Buenos Aires». Ora, chi andrà a vedere un melodramma familiare argentino buttato in sala il 10 luglio perché prima non c’era spazio e/o perché l’importante è trovargli un buco a Roma e uno a Bologna così intanto lo doppi malissimo e lo puoi vendere a Rai5, perché – storia vera – nell’anno 2014 anche la tv italiana di super-nicchia pretende il doppiaggio di qualsiasi film? Chi ci andrà? Chi? Chi? MIA MADRE non va a vedere un melodramma argentino il 10 luglio. Mia madre ha i cali di pressione, il 10 luglio.

Sondaggio: come guarda i film argentini il lettore di Friday Prejudice?

a. sono giovane, li vedo ai festival quando non sto covando una polmonite per la pioggia presa in ostello
b. sono meno giovane, li vedo se e quando vengono caricati su un sito di streaming a pagamento
c. parlo spagnolo, quando escono i DVD-rip li scarico da un sito di torrent specializzato in film latino-americani
d. non parlo spagnolo, scarico tutto da un sito di torrent qualunque e spero di trovare i sottotitoli ENG
e. sono te, di argentino ho visto El secreto de sus ojos e dopo un’ora ero provatissimo

Questa invece è la faccia di Rob Lowe in Behind the Candelabra. L’avete visto? Vedete quello, dai.

Violetta Bellocchio

13 Comments

  1. Primo!!! Scusate ma non ho resistito alla tentazione…
    E, a parte il “Primo!!!”, bei pregiudizi (e da Violetta c’era da spettarselo).
    Aldo vecchiocinefilo

  2. “Mi chiamo Violetta Bellocchio e la mia cosa preferita in assoluto nel mondo è la puntata di Alfred Hitchcock presenta con un giovane John Cassavetes che fa quello scappato di prigione.”

    Va bene, vuoi sposarmi?

  3. Per chiunque volesse esplorare il finto account Twitter del ragazzino di “Il Paradiso per davvero”:

    https://twitter.com/TheColtonBurpo

    ” When he came to Heaven, Moses asked god if he could have dragon arms, and so now Moses has dragon arms #HeavenIsForRealMovie “

  4. Oh bentornata.
    Una cosa importante, ovviamente a titolo personale. Non è tanto una questione di brevità, quanto di capacità di non rompere i coglioni al prossimo scrivendo più del necessario.
    Ovvio, quasi sempre il poco e meglio del molto, ma se lo sai fare bene perché no?
    Specie se non devi giustificare ad ogni riga scritta i soldi che ti hanno inculato alla scola di scrittura creativa.
    Qua ad esempio mi sono letto tutto d’un fiato, mi sono divertito e poi mi sono andato a vedere dove erano le pecore e dove le bombe.
    E poi linkare i siti di cinema giusto e menzionare le persone giuste ti fa guadagnare bei punti.
    Va a finire che se riesco a trovare un tuo libro a un prezzo cristiano magari me lo prendo.

  5. Colton Burpo è un meraviglioso nome da supereroe; l’uomo che digeriva tutto. Quanto al il film argentino, mi sa che a vederlo ci andrò andrò io (una sala una, a Roma. Poteva andare peggio).

  6. La supplica “DIO, NON PRENDERTI MIO FIGLIO!” non depone a favore della fede del padre. Secondo me.

    Saluti.

  7. noto una sottotraccia, manco troppo sotto, di religiosità latente… sempre un buon segnale. Per il resto in questo post ci sono oltre una dozzina di passaggi istantaneamente quotabili e rivendibili sull’internets. Grazie, Violetta (ma a proposito di Argentina… )

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