Benvenuti al sud è un film di Luca Miniero, il primo senza il sodale Paolo Genovese, con cui ha diretto alcuni film che vanno dall’apprezzata piccola opera prima Incantesimo Napoletano a un film scritto da Fausto Brizzi in cui Vaporidis fa il becchino bluesman, e giusto per capire che fine facciamo fare ai registi di piccole apprezzate opere prime, questo è un film con Claudio Bisio mentre Genovese è il regista del venturo film di Aldo, Giovanni e Giacomo – e il cerchio si chiude. Torniamo al film, che come potete ben immaginare o sapete già è il remake di una delle commedie francesi più fortunate degli ultimi anni, e che non ho visto, ma che ha avuto un buon successo in Italia per ovvie ragioni: loro hanno i “ch’ti”, noi abbiamo i “terroni”. It’s funny because it’s true! Il remake viene da sé, anzi, strano non averci pensato prima noi. Il trailer racconta più o meno tutto, quindi il film lo potremmo dare quasi già per visto, ma a giudicare dalle risate che lo accolgono ogni volta che viene proiettato immagino che sarà un grande successo – certo, le 450 sale aiutano. La cosa più becera e che mi fa più incazzare di questa robaccia orripilante a uso e consumo di un pubblico che se alza il culo dal divano pretende come minimo di andare a vedere una televisione più grossa, non è tanto l’operazione di assoluzione a beneficio esclusivo della popolazione del nord con il suo personaggino di gretto milanese che impara a superare il razzismo attraverso la comprensione delle diversità e le piccole cose della provincia né il fatto che siamo ancora alle gag di Totò, Peppino e la malafemmena, che è un grandissimo film ma là era il fottuto 1956 e qui Bisio chiama a Napoli per chiedere che ore sono laggiù (beh, vaffanculo, muori) ma il fatto che il film non faccia alcuno sforzo per mascherare la sua natura di marchettona di Poste Italiane. Cioè, l’altro giorno ho visto tre minuti di uno speciale in tv e c’era una scena in cui un vecchio riceve la busta con il Postamat, allora comincia a saltare urlando “che bello, è arrivato il Postamat! Il Postamat!” e stappa una bottiglia di limoncello. GIURO. Va bene il finanziamento privato ai film perché l’industria sta con le braghe calate (anche se nel caso di un film che esce in 450 sale, ne dubito), e va bene pure il product placement che se usato con professionalità non fa male a nessuno, ma un po’ di pudore perdio, IL PUDORE. Claudio Bisio una volta era uno dei più talentuosi, visionari, divertenti e acuti stand-up comedian italiani, ora fa Zelig ed è il protagonista di questa merda.
The horde è francese, è diretto da Yannick Dahan e Benjamin Rocher, ed è un film con gli zombi ambientato nelle banlieue parigine. Già l’idea fa venire la bava alla bocca, ma ho avuto l’occasione di vedere la prima mezz’ora di film (just don’t ask) e ho intenzione di riprenderlo tutto daccapo presto o tardi: il film è tutt’altro che perfetto (e non sono sicuro che riesca a tenere botta fino alla fine) ma è ben più che un’interessante metaforona, è cupo, violento e cazzutissimo come vogliamo che siano i film con gli zombi – almeno, quelli che non fanno lollare. E qui non si lolla, no no. Si caca.
La pecora nera è un film di Ascanio Celestini, regista, drammaturgo e interprete teatrale su cui ciascuno ha un’idea ben precisa (lo odio è il peggiore! è un grande poeta!) tranne me. Per dire, mettiamola così: non ho mai visto un suo spettacolo né letto un suo libro, e pochi minuti in tv sparsi negli anni non sono serviti a farmi un’idea su di lui. Amen. Affogato nell’ignoranza, riconosco che il trailer è a suo modo interessante e Giorgio Tirabassi è uno su cui dovremmo puntare di più, ma il film anche dai commenti arrivati dalla Mostra di Venezia, dove era inspiegabilmente in Concorso, sembra muoversi molto sul confine tra il cinema e il teatro filmato, e insomma, a vedere una cosa così dovrete trascinarmici per i capelli.
Un weekend da bamboccioni è l’orrido titolo italiano di Grown Ups, e immagino che a questo punto potremmo partire in una filippica sulla formula “un [giorno della settimana] da X” ricordando il caso recente di Humpday che per un attimo rischiava di essere intitolato Un mercoledì da cialtroni, oppure sull’utilizzo sconcertante della parola “bamboccioni” di padoaschioppana memoria, ma eviteremo vero? Almeno questa volta la formuletta è stata applicata a un film del cazzo: diretto da Dennis Dugan, regista di molti film con Adam Sandler, il film è una sorta di rimpatriata di comici quarantenni che vent’anni fa erano entrati nel SNL in cui, seguendo i dettami dei film diretti da Judd Apatow, gli uomini non sono altro che dei buffi eterni bambinoni e le donne sono delle castranti rompicazzo (guardate la locandina! è incredibile! è tutto lì: loro vanno sugli scivoli! le loro donne da sotto li giudicano!) e ha fatto sostanzialmente schifo a ogni essere umano, circa. La presenza dell’amata Maya Rudolph (e di Maria Bello e di Salma Hayek) non mi convincerà a dare mezza occasione a questa roba, tantomeno doppiata.
occazzo ancora primo. unbelievable.
anche un po’ inquietante 😉
Io garantisco per The Horde… ci mancava solo che i francesi si mettessero a fare anche ottimi zombie movie http://www.soloparolesparse.com/2010/07/lorda-la-horde/
la pecora nera, curiosamente, mi ispira…
oh ma… questa settimana nessun “colpo sicuro”?
eh, a quanto pare no. potete sempre tornare vedere Inception 😉
Incredibilmente non me ne interessa neanche uno.
su la pecora nera ci hai preso alla grandissima. tirabassi bravissimo, ma film scollato, molto teatrale, anche per argomenti. alla fotografia ciprì secondo me poteva fare di più.
per il resto bisio e il pudore… 892424…
(stalking mode on) passavo per caso…
Scripta hai cotto il razzo….. e che razzo !!!
Quando riesco su Rai Extra vedo cose di “qualche” anno fa e un’altro Bisio…Capisco che “cià famiglia” da mantenere ma svendersi così….
Celestini in tv e teatro è molto caustico…very hard..ma al cinema non so…
Devo ancora vedere Inception…
Paperolibero
Confermo per The Horde, a parte un paio di colpi un po’ amerighani sulla fine, ottimo film.
sì, La Horde, l’imperialismo amerighano ha colpito anche me.
A proposito di Inception, Kekkoz aspetto la critica dillà… con ansia
Nardino, il post su Inception c’è già da un bel pezzo 😉
Dotto’, Celestini l’ho visto a teatro per la prima volta saranno stati un 6/7 anni fa.
La prima mezz’ora volevo salire sul palco e sfasciargli la faccia ma, soprattutto, estirpargli le corde vocali.
E poi m’ha fregato. Io sono di quelli che lo considera un poeta.
Certo dal vivo è molto più bello, il teatro in tv manca di quella profondità che ti rende tutti gli attori dei pupazzi più o meno cotonati, però una prova, tanto per gradire potresti farla…
“loro hanno i “ch’ti”, noi abbiamo i “terroni””
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loro hanno scelto per primi
“un pubblico che se alza il culo dal divano pretende come minimo di andare a vedere una televisione più grossa” Applausi a scena aperta e standing ovation!
La Horde non è malaccio ma nulla di che, più che altro fa incazzare che oltralpe investano in film di questo tipo quando da noi con il “glorioso passato” che abbiamo i soldi girino appunto per boiate orribili (e pure l’originale francese, visto in francese che in italiano è proprio inguardabile, fa pena) tipo Benvenuti al Sud, solita storia.
kekkoz hai trovato un nuovo cliente fisso!
comunque probabilmente andrò veramente a rivedermi Inception
Nasta
il sistema di incentivi francese al cinema è un po’ diverso dall’Italia ma anche il pubblico è un po’ diverso da quello italiano. Non è solo mancanza di autori che osino, incapacità di raccontare il presente, affossamento del cinema italiano di genere. Si tratta anche di totale americanizzazione del pubblico italiano, che sia quello colto o quello popolare, è lo stesso.
La cinematografia francese è tra le più vivaci degli ultimi anni, come idee, riflessioni sguardo sul mondo. In Italia la si conosce poco, perché nessun distributore è così matto da investire tanto in una distribuzione italiana di film che non va a vedere nessuno.
Certo, poi ci lamentiamo della distribuzione italiana, del fatto che qui non distribuiscano nulla, ecc. A me pare un lamento un po’ ipocrita.
Tra due settimane esce il film thailandese vincitore a Cannes, un film notevole, non per tutti ma per i cinefili sì. Sono sicuro che sarà totalmente snobbato.
A fine mese esce il capolavoro di animazione di Chomet (toh, un francese). Ma siccome non viene dalla Pixar e dalla Apple, chissenefrega.
Un film come Il rifugio, notevolissimo esempio di cinema francese, ha tenuto bene a Milano, ma chissà in quali altre città.
Questo per dire che in Francia i soldi per il cinema girano, ma c’è anche un pubblico che il cinema francese (e tipicamente francese) lo ha sorretto, lo sorregge, lo sostiene andando in sala. Se gente come Ozon, Marchal, Lifshitz, Honorè, Desplechin, hanno fatto e fanno cinema è anche perché il pubblico li ha da sempre sostenuti. Andando al cinema a vedere i loro film e ripagando i produttori dello sforzo fatto.
Probabile che se in Italia si facessero buoni film italiani, il pubblico, quello “colto” andrebbe a vederli. Ma io credo che alla fine no.
(cito solo un caso, per fare capire come vanno le cose qui: Modandori fece uscire la prima edizione del romanzo dell’americano David Baldacci, credo fosse Potere assoluto, come scritto da David B. Ford, per non dare l’impressione fosse di un autore italiano…).
vorrei proporre la nomination Premio Maccio Capatonda per un
“prossimamente” che passa sulla Rai in sti giorni per la nuova ficscion “Terra Ribelle”; purtroppo non l’ho trovato in rete senno lo postavo.
Ti basti sapere che alla fine viene anche citata la “regista Cinzia TIACCA Torrini” – GIURO!
http://www.imdb.com/title/tt1666143/
Souffle, con tutto che è veramente difficile rispondere a un commento così lungo e pieno di cose (e quindi mi limito ad alcuni passaggi, lasciando perdere la cosa di Chomet e della Pixar), io penso che invece ci si possa lamentare quanto si vuole della distribuzione italiana e senza essere “ipocriti” anche se la prorità di qualcuno non è vedere “più film francesi nelle sale perfavore” ma magari altre cose – e non dico solo Park Chan-wook o Im Sang-soo o Bong Joon-ho ma che ne so, anche Bela Tàrr o Christopher Smith. Francamente ci sono firme e intere cinematografie che mi interessano di più di quella francese e che considero moolto più reiette dalla nostra distribuzione rispetto a quella (per dire: poche copie e poco pubblico da una parte vs nessuna copia e nessun pubblico dall’altra).
Insomma, ognuno combatte la sua piccola battaglia in soggiorno: tu fai pure la tua e sei liberissimo di farlo (anche qui, che è il posto giusto), ma ricordati che sotto sotto è questione di gusti e di interessi soggettivi.
Sul film vincitore di Cannes, io te lo anticipo così non ti arrabbi troppo dopo: non provo una simpatia speciale o particolare per Weerasethakul. Ho visto un solo suo film (che mi permette di sapere almeno di che tipo di operazione si tratti, anche se poco altro) ma quel titolo non mi è propriamente piaciuto da impazzire (il post è nell’archivio blog, giusto perché non si dica che lo ignoro del tutto), e le reazioni del post-Cannes di questo nuovo titolo non furono tutte come la tua (anzi, alcuni amici che considero ragionevolissimi parlarono precisamente di una gran sòla fatta e finita deridendo la scelta della giuria), quindi al film ecco, si dà fiducia che merita un vincitore di Cannes ma non è certo “una bomba”.
(in realtà lo vedrò in anteprima, quindi probabilmente non ci sarà nemmeno il pregiudizio ma un giudizio e punto)
kekkoz è giustissimo, ognuno combatte le sue battaglie nel suo soggiorno e quello che dici tu del cinema orientale è verissimo (anche se ora in dvd ne troviamo tantissimo, la Fnac a Milano ha un intero scaffale dedicato), mentre trovare un film di Honorè, per quanto uscito in dvd, è una impresa.
In verità stavo solo rispondendo alla domanda di Lenny Nero che si domandava come mai in Francia investono nel cinema di genere (noir, horror, ma anche cinema in costume) e ho tentato una risposta che coinvolge sia il sistema di incentivi pubblici, sia gli obblighi degli esercenti, sia il favore del pubblico francese verso idee e autori autoctoni.
Fai bene a combattere le tue battaglie per il cinema che ami e in cui credi e sai che mi piaci proprio perché non ti tiri indietro per il cinema che ritieni valga la pena sostenere (e parlo dei molti tuoi post sul cinema europeo).
Così come penso sia importante tra amanti del cinema, discuterne, pur nella differenza di posizioni, può che farci bene, permanendo la stima e l’affetto (che tu sai che ho, ma che, essendo qualcosa di importante, preferisco custodire dentro di me). ^^
buona serata.
momo80: intendi questa roba qui? eww.
@souffle il rifugio ha tenuto bene a milano? magari.
per il resto il discorso distribuzione/pubblico italiano ecc è senza risposta, a me sembra tanto un cane che si morde la coda.
Sui problemi beh credo che quest’intervista sintetizzi perfettamente tutto quanto
http://sottoosservazione.wordpress.com/2009/11/10/intervista-a-cesare-petrillo/
Che poi ho l’impressione che ok il cinema è cultura ma non si può campare solo di “gloria”, una sala non può stare aperta per due tre persone che vogliono vedere un film che lasci qualcosa e non solo per riempire un paio d’ore.
@ kekkoz: la ficsion e’ quella, ma questo non e’ il promo che dico io (anche se rende l’idea).
Io mi riferivo al “30 secondi” che gira ora su Rai1, dove cita Cinzia TiAcca Torrini… se riesci a resistere sul canale per piu di un quarto d’ora, passa di sicuro
@chemicaldoll: tutto va proporzionato. Per me un film che a Milano sta su almeno due weekend, ha tenuto bene. All’Eliseo da un mese c’è L’urlo. Altro film non certo “facile”. Altro film che posso dire che ha tenuto bene.
Grazie per l’intervista a Petrillo che avevo letto tempo fa. I suoi ragionamenti sono giusti e tristi e forniscono una chiave di lettura anche al rapporto distribuzione/pubblico italiano.
Tra le salette sfigate milanesi che proiettano “cinema per due o tre persone”, citerei almeno il Mexico, che fa un’operazione culturale degna.
momo, sono rimasto così allucinato dal trailer di Terra Ribelle che ho deciso di omaggiarlo a modo mio
grande.. “bitch please” e’ la mia preferita
Sono d’accordo con Souflle sul perché in Francia la cinematografia sia più viva che qui. Fondamentalmente ad un certo punto hanno messo su una legislazione che difendeva e finanziava con decisione il prodotto nazionale. E grazie ad essa un signore di nome Luc Besson ha aperto la strada al cinema di genere ad alto budget. Ora loro hanno un’offerta ricca, variegata e capace di vendere in tutto il mondo.
Invece non capisco le continue lamentazioni sullo stato della distribuzione italiana. Nel momento in cui gli studios americani e di riflesso i grossi gruppi italiani monopolizzano le sale con uscita in un numero di copie esagerate, gli spazi al cinema per le pellicole “minori” sia italiane che straniere si riduce sempre di più. Ma succede qui, come in molti altri posti del mondo. Per fortuna viviamo nel 2010 e tra download legali e illegali e negozi di DVD e BluRay online chiunque può vedersi qualsiasi film di buona parte del mondo. Kekkoz ne è la prova, gran parte della roba che recensisce non l’ha mica vista in sala.
Invece permettetemi di dissentire con chi usa l’aggettivo “teatrale” per “La pecora nera”; la messa in scena, la recitazione i dialoghi sono totalmente lontani da una rappresentazione da palco. L’unica cosa che può accomunare il film allo spettacolo da cui è tratto è la voce off che vuole restituire il flusso mentale confuso e ondivago del protagonista.
Ma è una cifra di Celestini che ha voluto conservare al cinema, ma che sullo schermo è stata speso usata.
Il film di Martone, quello sì che è teatrale.
la cosa scandalosa è che non escano (o escano per pochi giorni nel mezzo di agosto in due sale) film che spaziano dal “carino” al “capolavoro” come Fido, Zombieland, Hot Fuzz. Non sono film francesi, non sono film d’autore e non sono particolarmente impegnativi (anche se in genere intelligenti), perchè? Questa è la cosa che non capisco e che mi fa veramente pensare che abbiamo una distribuzione da terzo mondo che ci tratta da stupidi che non possono apprezzare un film che tenta di creare qualcosa di nuovo, pur non essendo alla resa dei fatti ostico.
@ Souffle: Io a dire il vero non m’interrogavo per nulla sullo stato della cinematografia francese, se riescono a produrre film di genere buon per loro (e per me che poi quei film guardo) e nemmeno m’interessa difendere determinate cinematografie, se un film è buono può venire pure da marte per quel che m’importa, mi rompe le palle però che nella patria di Bava, Fulci, Lenzi, Corbucci, Martino, Caiano, Deodato e parecchi altri, il cinema di genere sia stato ammazzato tanto che nel piattume generale si arrivi addirittura ad imputare la rinascita dell’horror all’italiana a Shadow, che io ho anche difeso e apprezzato ma che resta anni luce distante se non da quello che succedeva da noi nei 70’s, da quello che succede in altri paesi oggi.
Poi sì, anche sulla distribuzione italiana ci sarebbe ampiamente da ridire, d’accordo che c’è il mulo, torrent, play.com e yesasia ma certi film sarei più che disposto a pagare 7.50 euro per vederli in sala (possibilmente in lingua) piuttosto che gratis nel mio salotto e non credo di essere il solo.
@Lenny: perdonami, allora ho equivocato io. Comunque l’intervento non è andato sprecato. Si è detta qualche parola, con l’aiuto anche di AntoBlueberry, sul perché il cinema francese nel corso degli anni abbia potuto fregiarsi di film – non importa se brutti o belli, non mi pare questo il discorso da sostenere – di vario genere (non solo horror, ma anche fantascienza, film in costume, animazione) che grazie a politiche di protezione piano piano si sono conquistati il loro pubblico. In sala. Cui si è aggiunto il sostegno televisivo.
Credo che una risposta (parziale) al perché nella patria dei maestri del genere non si producano che “porcherie”, sia che non siamo più quella Italia anni ’70. Meno banale di quello che sembra come considerazione.
Non solo non ci sono più quegli autori e nemmeno quegli attori. Ma non c’è più nemmeno un pubblico per quei film così di genere, ma anche così “italiani”.
A differenza di quanto accaduto in altri Paesi europei, in Italia si è assistivo negli ultimi 30 anni a una “americanizzazione” dell’immaginario che ha inciso più di quanto ci si aspettasse nella produzione delle idee e nella loro distribuzione all’estero.
Questa è una spiegazione sulla quale molti non sono d’accordo, ma che mi pare reggere. Poi ce ne sono molte altre che credo ognuno possa aggiungere.
Il fatto che oggi si possa usare Internet o acquistare dvd all’estero per godere film non distribuiti da noi, non risolve il problema della distribuzione, che ha un’unica soluzione: che la gente – non solo i cinefili – spendano i famosi 7.50 per andare al cinema. Non apro un ristorante se poi la stragrande maggioranza dei clienti schifa il cibo che propongo e quelli che sono in grado di apprezzarlo ordinano da asporto da casa.
Un saluto.
Errore mio
Mangia, Prega, Ama, Lama, Lama, Duck
Ho visto cose che voi umani…
Sono basìto (f4).